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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
cena di gruppo in Catenaia
NEWS

"Il segreto di Cosmi sono io"

Mario Palazzi è il vice allenatore di Serse ormai da dieci anni. Arezzo, Perugia, Genoa, Udinese, Brescia: loro due e Francesco Bulletti formano uno staff affiatato e competente. “Siamo amici, ormai ci capiamo con uno sguardo”. Una lunga intervista che parte da Fabio Grosso (“l’ho trasformato da trequartista in esterno sinistro”), tocca Gaucci e Corioni, Pozzo e Preziosi, Miccoli e Milito, e finisce con l’Arezzo (“la squadra di Bazzani e Rinino è stata la più forte che ho allenato, questa di Cari può tornare in serie B”). Una panoramica a 360 gradi sul calcio italiano.



Mario Palazzi e Serse Cosmi, binomio di ferroSe è vero che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, si può dire che dietro ogni bravo allenatore di calcio c’è un bravo vice. Oggi non è più come una volta, chi sta in panchina deve allenare non soltanto la squadra ma anche il presidente, i tifosi e i giornalisti. Un compito improbo per una persona sola, serve assolutamente uno staff affiatato, competente e autorevole. Serse Cosmi, che ad Arezzo nessuno ha dimenticato, da dieci anni ormai viaggia a braccetto con Mario Palazzi e Francesco Bulletti, aretini entrambi ed ex amaranto, due professionisti senza i quali non sarebbe diventato quello che è. Bulletti, per vocazione familiare, fa il preparatore atletico, Palazzi è il tecnico in seconda ma anche la coscienza calcistica di Cosmi, è quello che lavora di psicologia dentro lo spogliatoio, che si prende cura dei musi lunghi e che dispensa consigli su tecnica e tattica. Tra loro c’è stima professionale e c’è anche amicizia, al punto che di litigate vere, in tutti questi anni, non ne hanno mai fatte. “Ci siamo mandati a quel paese qualche volta, ma poi è finita lì, senza strascichi”.

Vorrei cominciare l’intervista da Fabio Grosso. Lo consideri un po’ il tuo fiore all’occhiello?

“Per i livelli che ha raggiunto, dico di sì. Quando arrivò a Perugia, era un trequartista. Noi avevamo bisogno di un esterno per il 3-5-2 e dissi a Serse di provarcelo. Aveva tutte le caratteristiche per far bene in quel ruolo e i fatti ci hanno dato ragione”.

Ti hanno dato ragione.

“Va beh, mi hanno dato ragione. E’ stato intelligente anche Fabio a capire che nella nuova posizione avrebbe potuto fare il salto di qualità”.

Arezzo, Perugia, Genoa, Udinese, Brescia. Hai allenato molti calciatori di spessore. Ce n’è qualcuno a cui sei più legato dal punto di vista tecnico?

“I tre che sono diventati campioni del mondo, cioè Materazzi, Grosso e Iaquinta. Credo che ci debbano qualcosa. Materazzi e Grosso sono esplosi con noi, Iaquinta lo abbiamo allenato proprio nella stagione dei Mondiali”.

Il più forte in assoluto che hai visto all’opera da vicino?

“Fabian O’Neill. Un talento vero, un campione. Faceva le partitelle e diceva: oggi gioco soltanto di sinistro, oggi gioco solo a un tocco. Peccato che non sia riuscito ad esprimersi compiutamente”.

Chi butti giù dalla torre, Miccoli o Diego Milito?

“E’ dura. Voglio bene a entrambi, ma se devo scegliere butto Miccoli. Tengo Milito per la sua continuità. L’anno che vincemmo la B col Genoa fu determinante”.

Liverani o Hamsik?

“Hamsik in prospettiva, se trova le motivazioni giuste, può pure vincere il pallone d’oro. Però tengo Liverani: ha caratteristiche uniche, altri centrocampisti come lui non ce ne sono in giro”.

Materazzi o Santacroce?

“Tengo Materazzi, ormai c’è un rapporto d’amicizia consolidato. Santacroce lo considerano il nuovo Cannavaro. Il paragone ci sta, a patto che corregga certi difetti”.

L’ultimo che ti ha telefonato chi è stato?

“Materazzi l’altro ieri. Anzi, no, mi ha chiamato Mannini”.

Lui e Possanzini squalificati per un anno a causa di un ritardo di venti minuti al controllo antidoping. Tu c’eri quel giorno, cosa pensi al riguardo?

“Uno scandalo, una decisione assurda. Avevamo perso in casa, Serse e Corioni rimasero nello spogliatoio a parlare con la squadra. Invitammo dentro anche l’ispettore del doping, ma lui restò nel corridoio. Dopo venti minuti Mannini e Possanzini andarono al controllo ed ecco dove siamo arrivati. Una brutta storia che rischia di rovinare la carriera e l’immagine di due bravi calciatori”.

Tu, Cosmi e Bulletti lavorate insieme da dieci anni. Sono lunghissimi dieci anni nel calcio.

“Siamo amici, l’amicizia ci ha fatto superare anche i momenti difficili. Molte situazioni riesci a gestirle soltanto se lavori di staff, altrimenti non ce la fai. Noi ormai ci capiamo con uno sguardo e continuiamo a puntare sul rapporto umano, anche con la squadra. A volte mi accorgo che non paga, ma siamo fatti così e cambiare non avrebbe senso”.

Ma tu ci pensi mai ad allenare una squadra da solo, magari con un tuo vice?

“Bella domanda. Ci ho pensato, ci sono stati momenti particolari in cui si erano create le condizioni perché questo accadesse. Però ho sempre lasciato perdere per due motivi: questo lavoro mi assorbe talmente tanto che non ho spazio né tempo per immaginare qualcosa di diverso. E poi sono troppo legato a Serse”.

Ex calciatore ed ex allenatore amarantoSe un giorno ti presentassi con un’offerta concreta di un club, lui che ti direbbe?

“Ah, non lo so. Si incazzerebbe, ma alla fine mi direbbe di fare di testa mia”.

Ripensando alle vostre esperienze dopo Arezzo, sembra che siano state tutte delle bellissime incompiute. A Perugia tanti sconosciuti lanciati nel grande calcio e quindi la retrocessione in B. A Genova una promozione splendida, vanificata dalla valigetta di Preziosi. A Udine la Champions League ma anche la rottura con Pozzo. A Brescia il feeling con l’ambiente e la sconfitta ai play-off. Che dici?

“Un po’ è vero, ma se analizzi queste esperienze, i lati positivi sono molti di più di quelli negativi. A Perugia abbiamo vinto l’Intertoto, siamo arrivati nei quarti di Coppa Uefa e ci ha buttato fuori il Psv di Van Bommel, Robben e Kezman. La retrocessione del 2004 fu strana, diciamo così. Senza contare tutti i calciatori acquistati per due lire e rivenduti dalla società per qualche milione di euro”.

Genova resta un cruccio?

“Fino a un certo punto. Quell’anno a Marassi era tornato l’entusiasmo, facemmo il record di punti, avevamo calciatori come Milito, Stellone e Tedesco che erano uno spettacolo. Il Genoa fu retrocesso d’ufficio, ma non per colpa nostra”.

Udine?

“Primo: non è vero che prendemmo l’Udinese in Champions. L’Udinese doveva fare il preliminare, che vincemmo contro lo Sporting Lisbona. Secondo: campionato, Champions e Coppa Italia sono un bell’impegno. Il Barcellona ci eliminò con un gol all’ultimo minuto e in Coppa Italia arrivammo in semifinale. Pozzo ci ha tolto qualcosa, l’ho sempre detto”.

E Brescia?

“La sconfitta ai play-off contro l’Albinoleffe è stata fatale. Sarebbe stato meglio chiudere lì il rapporto, invece siamo rimasti e Corioni ci ha mandati via alla prima sconfitta. Però ci siamo tolti tante soddisfazioni, con Zoboli e Caracciolo abbiamo lavorato a fondo, li abbiamo migliorati. E all’elenco aggiungo Viviano, Santacroce, Hamsik, Savio”.

Che tipo è Corioni?

“Uno che vuole tornare in fretta in serie A, giustamente. Ma in A ci si va a giugno, non a settembre”.

Pozzo?

“Competente, anche se con i Pozzo non è facile lavorare”.

Preziosi?

“Col Genoa doveva andare diversamente, è un peccato che sia finita in quel modo. Cosmi è un genuino, spesso la sua sincerità gli si ritorce contro”.

Alla fine quello a cui sei più affezionato è Gaucci.

“Senza dubbio. Ci ha lanciato nel grande calcio e umanamente lo ricordo con piacere”.

Ma secondo te è vero che vuole rientrare?

“Non lo so. Non ci scommetterei”.

Il ricordo più intenso di questi anni qual è?

“Sceglierne uno è impossibile. Dico la Champions, la prima partita internazionale, l’Intertoto conquistata col Perugia, la prima vittoria a San Siro, la squadra che avevamo ad Arezzo”.

Quella con Bazzani, Rinino e Caracciolo.

“Ne parliamo spesso dentro lo spogliatoio. In rapporto alla categoria, quel gruppo è uno dei più forti che abbiamo allenato. Si era creata un’atmosfera speciale, unica. Non essere andati in B quell’anno mi è rimasta qua”.

Il tuo rapporto con Arezzo e con l’Arezzo come lo definiresti?

“E’ un rapporto che non è stato mai completato. Da calciatore ho una decina di presenze in amaranto, da allenatore ho fatto il settore giovanile e solo una stagione con la prima squadra. Forse ci incontreremo di nuovo in futuro”.

Arezzo-Genoa 2-2, ottobre 2004. Il Genoa segna e tu, in panchina, esulti. Qualcuno te lo rimprovera ancora.

“Lo so, ma fu un’esultanza istintiva la mia, moderata e assolutamente in buona fede. Anzi, ti dirò che alla fine eravamo tutti contenti di quel pareggio. Fu una gran bella serata”.

In panchina ad Arezzo insieme a CosmiL’Arezzo di quest’anno l’hai visto diverse volte. Impressioni?

“Ottime. E’ una squadra che ha grandi individualità ma ha anche un gioco collaudato. Si vede la mano dell’allenatore”.

Cari lo conosci?

“Sì, siamo stati insieme a Coverciano nel ’97 o nel ’98, non ricordo. Una persona eccezionale, un compagnone. Sta facendo bene, sta dimostrando di meritarsi categorie più importanti”.

Quant’è che non ci parli?

“Ci siamo scambiati i saluti tramite un amico comune, ma non sono mai riuscito ad andare a trovarlo. Lo farò presto”.

Fammi tre nomi di giocatori che ti piacciono.

“Paoletti l’ho avuto a Udine, portiere di livello. Matute in prospettiva può diventare fortissimo: fisicamente è già fatto, tecnicamente deve affinarsi ma la stoffa c’è. Baclet mi piace perché è un generoso e ha colpi importanti”.

Che idea ti sei fatto della questione Martinetti?

“Giudicare da fuori è difficile. Ultimamente qualche perplessità sulle motivazioni di questo ragazzo le avevo avute anch’io. La cessione al Sassuolo è stata conveniente per tutti. Martinetti è da serie B, adesso ha un’occasione importante per la sua carriera”.

L’Arezzo lo vincerà il campionato?

“Se mantiene sempre la concentrazione giusta, lo vince di sicuro. E’ più forte delle altre”.

Come ti spieghi il poco pubblico allo stadio?

“Mistero. Arezzo è come Brescia, anche lì la gente era sempre poca. Non so, è difficile capire, anche perché la squadra sta andando bene e l’entusiasmo del pubblico potrebbe rivelarsi decisivo”.

Mancini punzecchia spesso Cari tramite i giornali, in certi caso gli ha rivolto delle vere e proprie critiche. Tu che consiglio dai all’allenatore?

“Di fare buon viso a cattivo gioco. Presidenti che non pungolano, non parlano, non criticano, non ce ne sono più. Serve tanta diplomazia, Cari lo sa”.

E a Mancini?

“Deve essere meno istintivo, fare programmi a media scadenza e se trova professionisti validi, deve farli lavorare in tranquillità”.

Da Arezzo sono passati allenatori importanti, rimasti soltanto un anno. Perché?

“Bisogna chiederlo al presidente. Molti li ho incontrati da avversari, con Somma ho un rapporto più profondo. Arrivammo a Brescia al posto suo, fu molto corretto. Gli faccio un grande in bocca al lupo per la sua nuova avventura a Mantova”.

Mario, ora che non hai squadra come passi le domeniche?

“Vedo un sacco di partite. Serie A, B, C, sono stato anche in Inghilterra. Bisogna aggiornarsi, no?”.

Avrai più tempo per la famiglia e per i tuoi figli, spero.

“Fare il genitore di questi tempi è veramente difficile. Carlotta ha 19 anni e a volte penso che come padre ho più difetti che pregi”.

Cinque anni fa è nato Andrea, il tuo secondogenito. E’ stata una botta di vita per te?

“Sì, è stato bellissimo, è stato come tornare giovane”.

Vuoi chiudere con un ringraziamento per tua moglie Luana, che in questi anni, quando eri fuori, ti ha sempre aspettato a casa?

“E’ vero, mi ha aspettato. Al varco però…”.



scritto da: Andrea Avato, 25/02/2009