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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Ecaterina di Bucarest
NEWS

Ceravolo, il progetto continua

Alla vigilia dei play-off, parla Franco Ceravolo. Gli spareggi da giocare, il sogno promozione, il rapporto con Mancini, il contratto, Semplici e Galderisi, Maniero e Fofana, le strategie per il prossimo anno, l’amicizia con Moggi, la nostalgia del grande calcio. Il direttore generale dice tutto e ribadisce: “se non andiamo in B, sarà una delusione ma non un fallimento. L’Arezzo ha le basi per ripartire in ogni caso. E se non mi cacciano, io resto qua”.



Franco Ceravolo, direttore generale con contratto di cinque anniUno, due, tre, addirittura quattro telefoni cellulari che suonano, vibrano e mandano voci da chissà quale parte d'Italia. La vita di Franco Ceravolo ruota attorno a uno squillo continuo, al calcio che non è solo il pallone dentro al campo ma anche trattative da fare, interlocutori da comprendere, situazioni da gestire. Il presidente, il procuratore, il calciatore, l'allenatore, il giornalista, il tifoso, il dirigente: Ceravolo ha una parola per tutti, quasi mai buttata là a casaccio. La svolta dell'Arezzo sta dentro la camicia extralarge di un direttore generale che non ha avuto paura di prendere di petto la realtà. E' sceso in prima divisione quando sembrava dovesse andare in serie A, si è smarcato da Moggi, ha costruito una rosa da primi posti, ha esonerato due allenatori e uno l'ha richiamato, ha sfidato l'impopolarità, ci ha messo la faccia. Nel frattempo, mentre la prima squadra ne assorbiva energie e impegno, ha tenuto botta con Piero Mancini, lo ha convinto a dare un seguito operativo al quinquennale firmato d'estate e ha messo in piedi una rete di quaranta osservatori che per tutta la stagione hanno spedito relazioni, visionando calciatori a frotte. Il vecchio Arezzo che andava avanti alla giornata ha cambiato registro. Se questo new deal durerà, non si sa ancora. Di sicuro con Ceravolo è stato rivoluzionato il modo di fare calcio, al di là degli acquisti e delle cessioni che si possono pure sbagliare. Mancini quando lo presentò alla stampa, disse: “Ceravolo ad Arezzo è come se avessi portato Marchionne alla mia Cometi di Sansepolcro”.

Direttore, si sente ancora il Marchionne della situazione?

“Non chiederlo a me, domanda al presidente. Spero la pensi ancora così”.

A distanza di quasi dodici mesi, che dice di Mancini: l'ha trovato come se l'aspettava oppure no?

“Guardate che io Mancini lo conosco da anni. Ha il suo carattere, ma è uno con cui si può parlare. Bisogna essere sinceri, leali e allora ti ascolta. Gli do atto di avermi fatto lavorare senza vincoli né intromissioni”.

Ma a lei cosa dice, vuole vendere veramente?

“Che lascerebbe lo dice anche a me. Solo che è legatissimo all'Arezzo, più di quanto si pensi. E non dimenticate mai cosa ha fatto Piero Mancini per questa società in un decennio. Non se ne trovano altri come lui”.

Insomma, Mancini resterà.

“Per me sì. Ed è un bene per tutti. Senza Mancini, fare calcio a certi livelli sarebbe dura”.

E lei invece?

“Io ho altri quattro anni di contratto”.

I contratti si possono sciogliere.

“Non è la mia intenzione. Qua c'è un progetto da portare avanti, sono venuto apposta”.

La sua conferma è legata all'esito dei play-off?

“Non credo proprio. In carriera i risultati li ho fatti, i campionati li ho vinti, i giovani li ho lanciati. Serve altro?”.

E se l'Arezzo non va in B?

“Dov'è il problema? La rosa è a posto all'ottanta per cento. Abbassiamo il monte ingaggi, prendiamo qualche giovane bravo e siamo competitivi un'altra volta per il primo posto”.

Con Mancini avete parlato mai di futuro?

“Sì. Io ho fatto una scelta di vita venendo ad Arezzo. Non me ne pento e non ho rimpianti”.

Possiamo dirlo? Ceravolo resterà al cento per cento, comunque vada.

“Calma. Se dopo i play-off cambiano le cose, allora farò le mie valutazioni. Ma se non rimango, vuol dire che non ci sono più i presupposti e che il presidente ha cambiato idea riguardo al progetto. Non credo succederà”.

Qualche anno fa alla Juve insieme a Luciano MoggiTre obiettivi per il prossimo anno. Ce li ha già in testa?

“Abbassare il monte ingaggi del cinquanta per cento in serie C, del trenta per cento in serie B. Ringiovanire la rosa. Potenziare il vivaio”.

Le sirene di mercato cantano: Bologna, Siena, Bari, Atalanta, anche Juventus. Ceravolo che dice?

“Quello che ho sempre detto: mi fa piacere che grandi club pensino a me. Nulla più”.

Sempre dell'idea che se non arriva la B, per l'Arezzo sarà una delusione e non un fallimento?

“Assolutamente. Abbiamo giovani bravi che possiamo e vogliamo riscattare, abbiamo un organico competitivo, abbiamo già obiettivi precisi di mercato. Se non arriva la B, sarà una delusione. Ma non un fallimento, lo ribadisco”.

Quando parla di giovani, a chi si riferisce?

“A Maniero, Venitucci, Figliomeni, ma anche a Laverone, Donati, Orosz, Longoni più tanti altri. Alcuni sono già con noi, altri torneranno dai prestiti”.

Longoni a Catanzaro ha fatto sfracelli. L'Arezzo ci punterebbe anche in caso di promozione?

“Certo. Longoni ha già adesso molte richieste da club di serie B. E' un patrimonio della società”.

Il quarto posto in campionato ha lasciato anche a lei l'amaro in bocca?

“Ammetto che mi sarebbe piaciuto arrivare secondo. Noi, Cremonese e Varese abbiamo chiuso a distanza di un punto, vuol dire che c'è stato grande equilibrio. Proveremo a vincere i play-off, non è detto che il vantaggio di classifica si veda anche sul campo”.

Però il Varese, grazie alla posizione finale, ha qualche jolly in più delle altre.

“Pro Patria e Benevento, l'anno scorso, arrivarono al secondo posto e persero in finale. Conta di più la voglia di vincere, la forma fisica, anche la fortuna”.

L'Arezzo ha fatto il massimo secondo lei?

“No, potenzialmente eravamo in grado di vincere il campionato, così come la Cremonese, il Varese, il Benevento e anche il Perugia. C'è riuscito il Novara ma il valore degli organici è molto simile. Meriteremmo tutti la serie B”.

Lei ha cambiato due volte allenatore quest'anno. Tornasse indietro, rifarebbe tutto pari pari?

“Sì. Se ho preso certe decisioni, vuol dire che c'erano motivazioni concrete dietro. Io sto tutti i giorni al campo, vedo gli allenamenti, vedo le partite, mi confronto con l'allenatore e con la squadra. Se noto che certe cose non vanno, intervengo. Restassi con le mani in mano, non sarei un buon dirigente”.

Lei mandò via Semplici a novembre dopo sette risultati utili di fila. Perché?

“Perché devo decidere con la testa e non con il cuore. C'erano situazioni che stavano diventando ingestibili. Non farmi dire quali, ormai è acqua passata e non ha senso rivangare”.

E perché ha esonerato Galderisi?

“Perché la squadra stava prendendo una china che non mi piaceva. Ma Galderisi ha fatto un grande lavoro, soprattutto a livello di spogliatoio”.

Vi siete più sentiti?

“No”.

Il licenziamento di Galderisi è stato anche una sconfitta di Ceravolo?

“No, per il semplice fatto che sotto molti punti di vista la squadra è migliorata”.

E invece, richiamare Semplici è stato come ammettere di aver sbagliato a suo tempo?

“Richiamare Semplici è stata la dimostrazione che io non porto rancore a nessuno e che faccio le mie scelte sulla base dei fatti, non delle questioni personali”.

Come sono i vostri rapporti adesso?

“Buoni, com'è giusto che sia. Altrimenti non l'avrei riportato ad Arezzo”.

Mancini ha influito sull'allontanamento di Galderisi?

“Il presidente mi ha dato carta bianca, io l'ho sempre tenuto al corrente delle mie operazioni, com’è giusto che sia”.

Alti e bassi nei rapporti con Piero ManciniA proposito di errori e rimpianti. Fofana appartiene a una di queste categorie?

“Fofana è un giocatore che l'estate scorsa aveva dietro mezza serie B. Purtroppo non tutte le annate sono uguali, ha avuto degli infortuni che l'hanno penalizzato e poi non ha ritrovato più la condizione ideale. Maniero, per esempio, è il caso opposto”.

Cioè?

“Io lo portai alla Juve quando aveva 13 anni. Dopo il settore giovanile, non ha mai giocato con continuità. Quest'anno ha trovato spazio e ha segnato 12 gol. E può veramente arrivare lontano”.

I suoi quaranta talent scout hanno lavorato bene?

“Benissimo. Oltretutto non sono costati un euro alla società. Spero che dall'anno prossimo riusciremo a dare maggiore solidità a questa struttura, perché un club che non ha osservatori in giro, non ha futuro. In quest'ottica, la promozione in B ci sarebbe d'aiuto”.

Direttore, Moggi lo sente ogni tanto?

“Moggi è un amico, perché non dovrei sentirlo?”.

Gli ha parlato dell'Arezzo?

“L'ultima volta gli ho detto che mi sono rotto le scatole di essere etichettato come uomo di Moggi. Non rinnego nulla del mio passato, ma ho la mia testa, ho le mie idee e il mio modo di pensare il calcio. Invece qualsiasi cosa faccia, tirano sempre in ballo Moggi”.

E' un'amicizia scomoda?

“No. Non scaricherei mai un amico in difficoltà. Però le etichette mi danno fastidio e mi sono costate molto anche in ambito professionale. Se Moggi parla bene di me, che ci posso fare? Anche Capello, anche Lippi, anche Ancelotti parlano bene di me. Abbiamo collaborato e ottenuto successi importanti. Non può essere una colpa”.

La settimana scorsa lei è stato deferito insieme ai Menarini, proprietari del Bologna, proprio per i contatti con Moggi. Che ne pensa?

“Un deferimento arrivato a quasi un anno dai fatti, solo per una cena. A quel tavolo eravamo seduti in tanti, siamo stati deferiti solo in tre. Lasciamo perdere che è meglio”.

Ce l'ha un po' di nostalgia per il grande calcio?

“E' naturale. Ma io mi appassiono al mio lavoro. Preferisco stare ad Arezzo e costruire qualcosa di importante piuttosto che andare da un'altra parte, in una piazza più ambita, e vivacchiare. Non farei mai a cambio”.

Ci va l'Arezzo in serie B?

“Io sono ottimista. Se non ci va ora, ci va tra un anno”.

Sempre con Ceravolo.

“Se non mi cacciano, io sto qua”.



scritto da: Andrea Avato, 25/05/2010