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AMARANTO TV

SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Andrea all'Isola del Giglio
NEWS

Sogni infranti e Orgoglio Amaranto da chiudere

Disonestà intellettuale, stilettate più che attestati di stima, diffidenza invece che sostegno. Il progetto di azionariato popolare, in questo ambiente, è destinato a fallire miseramente.



Non c'è vento per le bandiere amarantoChiudiamo Orgoglio amaranto, lasciamo perdere, ritiriamoci tutti nel nostro guscio e rimettiamoci a fare quello che facevamo prima, cioè il nostro, né più né meno. Facciamolo bene o male, a seconda delle inclinazioni personali, ma evitiamo di sconfinare nei progetti ambiziosi più del consentito, che tanto è inutile. Guardiamola in faccia questa realtà, interpretiamola e tiriamo le conseguenze. Il comitato è partito con il fine di raccogliere soldi da consegnare all’Arezzo e non importava se fosse stato di Mancini, di Galantini, di Massetti o di qualche altro. Si è posto come obiettivo quello di garantire trasparenza nella gestione finanziaria della società. E’ un comitato di gente qualunque, che non ha interessi personali, non ha secondi fini, non ha intrallazzi da portare avanti né scheletri nell’armadio. Ha soltanto una passione sana e un sogno chiamato azionariato popolare. Per come è partito, per quando è partito, per dove vuole andare, doveva riscuotere un consenso trasversale e pressoché unanime, doveva raccogliere almeno mille adesioni e mettere dentro tutti o quasi tutti quei “malati” che all’amaranto sono legati a doppio filo. Una questione di cuore. Doveva incontrare anche il favore dell’opinione pubblica, la benevolenza della piazza, la simpatia dell’ambiente. Invece no. Diciamo le cose come stanno. Gli iscritti non sono nemmeno 300, in giro l’azionariato popolare è scambiato per un’operazione di Borsa e il solito, sterile ambiente aretino ha tirato su la barriera della diffidenza. I tifosi devono fare i tifosi, dice qualcuno, senza capire (o facendo finta di non capire) che nessuno aveva intenzione di spogliarsi di queste vesti per indossare il gessato da dirigente. Anzi. Predicano bene e poi fanno prendere le multe alla società, blaterano altri, senza capire (o facendo finta di non capire) che il comitato e i gruppi organizzati della curva sono due entità distinte e separate. Il due per cento non serve a niente, servono i soldi veri, osserva qualche genio incompreso del calcio, senza capire (o facendo finta di non capire) che la quota azionaria del comitato non andrebbe misurata con l’algebra o con gli euro ma con il valore simbolico che riveste. A sei mesi dalla nascita, Orgoglio amaranto ha ricevuto più stilettate che attestati di stima e non basta il fronte compatto di chi ha sposato la causa per programmare un futuro più roseo. Fuori dall’arbitro club dove si sono tenute le assemblee, fuori dai banchini dove si sono vendute le tessere, fuori dal Trocadero dove si è svolta la festa, c’è la disonestà intellettuale di chi scrive articolesse sgrammaticate e prive di buonsenso, c’è indifferenza e il pragmatismo miope, e pure un po’ becero, di chi bada solo ai risultati. Vincere o perdere, conta solo questo. C’è un muro di gomma, là fuori, contro il quale non si vincerà mai. Ammainiamo le bandiere, che non c’è vento per farle garrire.

scritto da: Andrea Avato, 16/12/2010