Sacchismo, trapattonismo, Angelillo e Mezzanotti. Un bignami del calcio amaranto

Una volta il pareggio muoveva la classifica. Oggi, con tre punti a vittoria, il pareggio è una mezza sconfitta e gli allenatori sono costretti a osare di più. Gli 1-1 di Riccomini hanno fatto epoca negli anni '80, così come i successi senza soldi di Cosmi negli anni '90. Poi è venuta alla ribalta la scuola dei tecnici moderni come Somma, che difendevano attaccando e offendevano difendendosi. Fino al 3-4-3 di Marino, oppure al 4-2-4 di Conte, al trequartista di Semplici, al tiki taka di Bacis e allo spirito guerriero di adesso

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Il pareggio muove la classifica, si diceva una volta. Era l'epoca dei due punti a vittoria e di una filosofia di gioco che badava al concreto. Angelillo, ad Arezzo, ci costruì la sua fortuna: poche sconfitte, qualche segno X seminato al momento giusto e arrivarono una Coppa Italia e la promozione in serie B.

Riccomini perfezionò la teoria del "primo non prenderle", collezionando una serie di 1-1 lunga così ma che, in quegli anni '80, alla fine produceva sempre qualcosa di buono.

Poi si è aperta l'epoca dei tre punti e il quadro è cambiato. Il pareggio è diventato una mezza sconfitta e gli allenatori, giocoforza, hanno dovuto osare di più. Cosmi fu il primo a sperimentare il cambio di rotta, lanciando il suo Arezzo contro tutto e contro tutti. Pochi soldi, tante vittorie: così si spiegano le due promozioni degli anni '90.

Ma siccome bisogna attaccare con giudizio, è venuta alla ribalta una scuola di tecnici moderni che hanno fuso sacchismo e trapattonismo: Mario Somma, per esempio, che con il suo 4-2-3-1 metteva in campo un Arezzo che offendeva difendendosi, oppure difendeva attaccando. Sono vere entrambe le tesi, corroborate dalla promozione del 2004.

Di sicuro il più temerario sulla panchina amaranto è stato Pasquale Marino. 3-4-3, atteggiamento garibaldino e sprazzi di calcio spettacolo con qualche imbarcata pesante, un esonero, un rientro e la salvezza.

Più pragmatico Gustinetti, che fece 66 punti in serie B all'insegna dell'equilibrio e delle giuste distanze fra i reparti.

E se Conte sperimentò proprio in amaranto il 4-2-4 d'attacco che poi gli avrebbe regalato grandi soddisfazioni, va aggiunto che Arezzo ha conosciuto il calcio di buonsenso di Cari, il trequartista più mezz'ala che attaccante di Semplici e il modulo stile grande famiglia di Galderisi, uno che puntava soprattutto sui sentimenti.

Poi si arriva ai giorni nostri. Al tiki taka di Bacis, che proponeva un'idea di gioco manovrato e un prolungato possesso palla fatto di passaggi brevi, esaltazione del tridente Martinez-Raso-Cissé e qualche incredibile battuta a vuoto che spianò la strada al Pontedera.

Quindi c'è l'Arezzo di Mezzanotti: solido, guerriero, combattivo, tenace, con un cuore grande così e una fase offensiva che resta sottotraccia. perché la vittoria vale sì tre punti, ma i campionati di solito li vincono le migliori difese. Anche se ogni tanto qualche bel fraseggio, qualche ripartenza manovrata e qualche gol in più non farebbero male...

 

scritto da: Andrea Avato, 17/12/2013

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Difesa e attacco, le filosofie del calcio ad Arezzo