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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Francesca, Matteo, Fabio e Sara alle Mauritius
NEWS

Il monumento a Guido d'Arezzo

Tra il 1869 e il 1870, nell’ambito di un complessivo programma di riassetto viario della città, fu realizzata una grande piazza circolare, recentemente restaurata, dove si sarebbe dovuto collocare una statua in onore di uno dei più grandi figli della terra aretina, Guido Monaco o Guido d’Arezzo, inventore delle note musicali.



La statua fu inaugurata nel 1882Tra il 1869 e il 1870, nell’ambito di un complessivo programma di riassetto viario della città, fu realizzata una grande piazza circolare, recentemente restaurata, dove si sarebbe dovuto collocare una statua in onore di uno dei più grandi figli della terra aretina, Guido Monaco o Guido d’Arezzo, inventore delle note musicali.

Non essendoci documenti attendibili riguardanti l’infanzia del genio musicale, non è facile fissare la sua data di nascita, che è collocata tra il 990 e l’anno 1000. La tradizione ha quasi sempre riportato Arezzo e il suo contado quale luogo natio e oggi la zona più gettonata è quella di Talla.

In passato sono state avanzate anche ipotesi riguardo una sua presunta venuta al mondo in territorio ferrarese, visto che nella vicina abbazia di Pomposa il nostro divenne monaco benedettino. Supposizioni avallate in maniera azzardata da studiosi stranieri che evidentemente non avevano considerato uno dei pochi documenti assegnabili con certezza all’aretino, nel quale si autodefinisce “montanaro”. Sfidiamo chiunque a trovare rilievi montuosi alla foce del Po!

Guido d'Arezzo e il vescovo TeodaldoDopo un periodo adolescenziale da suddiacono nella cittadella vescovile del Pionta, Guido si recò nel potente monastero di Pomposa per prendere i voti. Nella Pianura Padana approfondì la sua passione per la musica e il canto gregoriano, che ai quei tempi era tramandato per via orale.

Rendendosi conto della difficoltà dello studiare a memoria, si impegnò a trovare delle soluzioni, ma incontrò l’ostracismo degli altri monaci pomposiani, poco inclini alle novità. Per tale motivo, negli anni Venti decise di tornare ad Arezzo accolto con affetto dal vescovo Teodaldo.

Da qui in avanti Guido “cambiò il mondo”: i trattati, tra i quali il più importante è il Micrologus, gli studi e i suoi sistemi didattici mutarono per sempre la storia della musica.

Partendo dal presupposto che il cantore doveva saper interpretare un canto al primo ascolto e saperlo mettere per iscritto, il monaco giunse alla definizione di una nuova notazione musicale che sostituì quella neumatica. Nel comporre la scala musicale l’aretino si aiutò con le sillabe iniziali dei versi di un inno a San Giovanni Battista:

UT queant laxis

REsonare fibris

MIra gestorum

FAmuli tuorum

SOlve polluti

LAbii reatum

Sancte Iohannes

In questa invocazione, ciascun rigo comincia su un grado più acuto del precedente e quando il cantore identificherà una nota sull’antifonario, potrà eseguire il canto richiamando alla mente la corrispondente frase della litania. Nella prima metà del Seicento la nota UT verrà sostituita dal DO.

Tuttavia questa non è la sola innovazione di Guido d’Arezzo: a lui si deve il “solfeggio”, il metodo mnemonico detto “mano guidoniana”, che fa corrispondere le note alle dita della mano e agli spazi che intercorrono tra esse, il “tetragramma” (antenato del pentagramma), ovvero un rigo musicale composto da quattro linee e tre spazi dove posizionare le note e i “quadratini”, vale a dire un sistema unificato per rappresentarle.

L’eco delle invenzioni si sparse a macchia d’olio e tra il 1028 e il 1030 papa Giovanni XIX convocò il monaco a Roma e con entusiasmo approvò i suoi criteri, che avrebbero permesso di tramandare il canto gregoriano nei secoli.

Gli ultimi anni di vita Guido li trascorse in meditazione, per alcuni trasferendosi a Fonte Avellana nelle Marche, per altri rimanendo in zona, a Camaldoli o a Santa Trinita in Alpe.

La sua morte avvenne verosimilmente intorno al 1050.

Nel monumento di Arezzo l’illustre personaggio è raffigurato con la veste benedettina mentre posa la mano destra sull’antifonario contente la strofa dell’Inno a San Giovanni.

La statua fu commissionata allo scultore livornese Salvino Salvini, professore all’Accademia di Belle Arti di Bologna, che si era formato a Firenze con Lorenzo Bartolini e successivamente a Roma con Pietro Tenerani.

L’opera, inaugurata nel 1882, rientra a pieno titolo tra i più alti esempi della scultura celebrativa di quegli anni, in cui si riempivano i piazzali della giovane Italia con dei simboli in grado di accrescere il sentimento di unità nazionale.

Le cronache dell’epoca raccontano che ci furono degli insigni festeggiamenti e per dieci notti consecutive la nuova piazza rimase illuminata con i lampioni elettrici, di recente installazione.

Sul basamento del monumento furono collocati due rilievi bronzei raffiguranti Guido che inventa le note musicali sotto ispirazione divina e Guido che insegna il canto ai monaci con il suo sistema. Come riconoscimento finale, Salvini fu nominato cittadino onorario di Arezzo.

Per approfondire: Guido d'Arezzo, monaco pomposiano (a cura di Angelo Rusconi, Edizioni Olschki 2000)



scritto da: Marco Botti, 04/04/2008