SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
La chiesa di Santa Croce
Santa Croce, la chiesa ufficiale del quartiere di Porta Crucifera, sorge nella parte terminale dell’omonimo borgo, cresciuto tra X e XI secolo in quello spazio compreso tra la zona di Colcitrone e l’edificio di culto.
TweetSanta Croce, la chiesa ufficiale del quartiere di Porta Crucifera, sorge nella parte terminale dell’omonimo borgo, cresciuto tra X e XI secolo in quello spazio compreso tra la zona di Colcitrone e l’edificio di culto.
Ci troviamo all'interno di un’area piena zeppa di ritrovamenti archeologici e, in particolare, le ingenti quantità di scarti di fornaci dimostrano la presenza di vasai già in epoca romana, tradizione proseguita fino a tutto il Medioevo.
A poca distanza, in via Fonte Veneziana, nell’Ottocento fu ritrovata una ricchissima stipe votiva con circa 180 bronzetti collocabili tra il 540 e il 480 a.C.
Rispetto alla cinta medicea cinquecentesca, Borgo Santa Croce rimaneva subito fuori le mura, a pochissima distanza da Porta Crucifera.
Dove oggi si erge l’edificio sacro, in precedenza si trovava un tempio tardo etrusco del III/II secolo a.C., che già tra 500 e 600 fu utilizzato come luogo cristiano.
Nell’XI secolo in questa zona fu fondato un monastero per le monache benedettine, che vi rimase fino al 1547, prima di essere trasferito lungo la via Sacra (l’odierna via Garibaldi).
Nel 1081 è documentata una chiesa utilizzata da queste religiose.
La struttura attuale è una ricostruzione del XII secolo, sottoposta successivamente a ingenti interventi, l’ultimo dei quali avvenne in seguito al furioso bombardamento del 2 gennaio 1944, che la rase quasi completamente al suolo.
Per fortuna si salvò la preziosa abside, una felice fusione di diversi stili romanici, da quello locale a quello ravennate, fino agli evidenti influssi lombardi. La forma esterna è pentagonale in pietre squadrate con coronamento di piccoli archi pensili semicircolari, sormontati da una gustosa decorazione in cotto. Altra sua peculiarità sono i vasi di terracotta murati con la bocca rivolta verso l’interno, utili a migliorare l’acustica dell’edificio.
La semidistruzione durante gli eventi bellici, se non altro, portò alla luce il piano originario, situato un metro e mezzo più in basso. Nei successivi restauri è stato così possibile restituire alla chiesa la sua antica altezza e, studiando quella porzione di facciata interrata, la nuova fu ricostruita in maniera verosimile a quella del XII secolo.
Sempre durante questi lavori fu ritrovata la pianta dell’edificio romanico e le tracce di due piccole cappelle laterali.
Il campanile a torre di epoca successiva, completamente distrutto dalle bombe, fu riedificato a vela, come doveva essere in origine.
L’incantevole interno ha nell’altare la parte più pregevole. Il basamento è difatti altomedievale e proviene dalla chiesa di Sant’Angelo di Capo di Monte, oggi di proprietà privata, situata nella parte estrema della collina di Agazzi.
Di fronte alla mensa sacra si trova un Crocifisso su piedistallo del XVIII secolo.
Sulla parete di sinistra sono da notare l’Ultima Cena, bassorilievo ligneo realizzato dallo scultore contemporaneo Conrad Moroder di Ortisei, i resti di una colonnina romanica facente parte dell’antico campanile a vela e una Madonna con il Bambino, opera di autore ignoto settecentesco.
A destra, invece, è da segnalare un Gesù Cristo dipinto nel 1943 da Imelda, suora camaldolese.
Una gustosa Via Crucis maiolicata, infine, corre lungo le pareti di pietra.
Per decenni la chiesa è rimasta soffocata dalla presenza del vecchio Ospedale Civile, un triste esempio di scadente edilizia novecentesca. Dopo il suo abbattimento e la riqualificazione del vicino Garbasso quale sede del nuovo Tribunale, l’antica borgata di Santa Croce avrebbe potuto sollevarsi da decenni di asfissia. Tuttavia si è deciso di innalzare un nuovo opprimente eco-mostro, addossando a uno degli angoli più affascinanti di Arezzo l’ennesima maxistruttura che di sicuro non migliora l’estetica della zona.
Per approfondire: Immagine di Arezzo (Angelo Tafi, Edizioni Calosci 1978)

scritto da: Marco Botti, 29/02/2008
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