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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Simone, Marco e Riccardo sulla Mole Antonelliana - Torino
NEWS

Le chiese di Venere

Venere è una frazione del comune di Arezzo situata a poca distanza dall’Arno. Il suo nome fa riferimento alla dea romana della bellezza, in onore della quale era stato edificato un tempio. Questa località è tra le più importanti del territorio aretino per quanto riguarda i ritrovamenti preistorici, che consistono soprattutto in utensili di pietra scheggiata risalenti al Musteriano (da 120.000 a 35.000 anni fa), quel periodo del Paleolitico Medio caratterizzato dalla diffusione dell’Uomo di Neanderthal. 



La frazione prende il nome dalla dea della bellezza, che nei pressi dell'Arno aveva un tempio dedicatoVenere è una frazione del comune di Arezzo situata a poca distanza dall’Arno. Il suo nome fa riferimento alla dea romana della bellezza, in onore della quale era stato edificato un tempio.

Questa località è tra le più importanti del territorio aretino per quanto riguarda i ritrovamenti preistorici, che consistono soprattutto in utensili di pietra scheggiata risalenti al Musteriano (da 120.000 a 35.000 anni fa), quel periodo del Paleolitico Medio caratterizzato dalla diffusione dell’Uomo di Neanderthal.

I reperti di Venere ci dicono che intorno a 100.000 anni fa, lungo le rive dell’Arno, poteva esserci un vero e proprio accampamento di questa specie scomparsa.

Anche per le epoche etrusca e romana sono stati recuperati numerosi oggetti, per lo più vasellame e resti di tombe.

Il tempio dedicato a Venere doveva trovarsi sulle sponde del fiume, ma già nell’Alto Medioevo non se ne avevano più tracce. In quel periodo nacque presumibilmente la chiesa di San Giustino, ricostruita più volte nei secoli e restaurata per l’ultima volta nel 1962.

L’edificio è di dimensioni ridotte, con facciata sobria e grazioso campanile a vela in mattoni. Nel sagrato è stata riprodotta una piccola Grotta di Lourdes, prossima al monumento che ricorda i caduti della Prima Guerra Mondiale.

A poche centinaia di metri fuori dal paese, in direzione di Campoluci, si trova un altro nucleo abitato in posizione rialzata rispetto a Venere. Oggi l’area è chiamata “Le Greppie” ma in passato era detta “Corte” (si trova documentata anche come La Corte o Le Corti).

Il toponimo rimanda inequivocabilmente a curtis, l’insieme di terreni e immobili, tipico dell’epoca feudale, dove il signore viveva e svolgeva la sua funzione di controllo sul distretto a lui sottomesso.

la chiesa di San Bartolomeo oggi è un rudereIn questa zona sono visibili i ruderi della chiesa di San Bartolomeo, anch’essa di origine altomedievale ma ricostruita in forme romaniche nel XII secolo. Nel 1424 risultava già fatiscente; poco più tardi fu abbandonata e il suo territorio unito alla parrocchia di San Giustino.

Il tetto dell’edificio religioso è crollato da anni e le pareti, ormai completamente avvolte dalla vegetazione, sono prossime al crollo.

Per fortuna, l’opera più preziosa della chiesa di San Bartolomeo è in salvo nella prima sala delle sculture del Museo di Arte Medievale e Moderna di Arezzo.

Si tratta di un frammento di pluteo del X secolo, ovvero una lastra in pietra arenaria decorata a rilievo, che di solito serviva a dividere il presbiterio dal coro. In essa sono rappresentati due pavoni opposti, simbolo in età classica di immortalità, che si abbeverano al kantharos.

Per greci e romani il kantharos era una coppa con due alte anse, collegato di solito al culto di Dioniso. I primi cristiani trasfigurarono il kantharos in “fonte della vita” e lo connessero alle vasche di purificazione che si trovavano nelle basiliche paleocristiane. Il pavone, invece, divenne emblema della resurrezione di Cristo e dal V secolo fu spesso riprodotto nelle stoffe, diffondendosi in seguito come immagine anche nelle arti longobarda e carolingia.

Oltre ai volatili e alla coppa, nel pluteo si ammirano delle fasce composte da enigmatici motivi stilizzati e intrecciati.

Per approfondire: Immagine di Arezzo. La città oltre le mura medicee e il territorio comunale (Angelo Tafi, Edizioni Calosci 1985)



scritto da: Marco Botti, 13/03/2009