SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Il Museo Archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate
Il Museo Archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo è, assieme al Museo Archeologico di Firenze e al Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona, la più importante esposizione permanente di reperti archeologici della Toscana.
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Il primo nucleo museale si formò nei primi decenni dell’Ottocento, quando il geologo Marco Antonio Fabroni pensò di riunire i materiali rinvenuti nel territorio, dislocati in diverse sedi, per farne una collezione pubblica.
Nel 1822 la Fraternita dei Laici mise a disposizione il palazzetto di piazza Grande. Nacque così il Museo di Storia naturale e Antichità, inaugurato l’anno dopo. A metà del secolo confluirono nella raccolta le collezioni Bacci e Rossi.
Nel 1882 l’ingente materiale necessitava di una sede più grande e fu trasferito a Palazzo Barbolani in via San Lorentino. Per molti anni continuarono a giungere nel museo importanti raccolte private, come le collezioni Pasqui, De Giudici, Albergotti, Guiducci, Del Vita, Gamurrini e Funghini. A queste si aggiunsero i reperti ritrovati nelle nuove campagne di scavo.
Nel 1937 fu inaugurata la definitiva sede nell’ex convento degli Olivetani di San Bernardo, sorto sul lato sud dell’anfiteatro romano nel XIV secolo.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il museo fu però colpito dalle bombe, che causarono ingenti danni alla sua sezione paleontologica. Tra 1949 e 1950 le sale furono restaurate, riordinate e arricchite di reperti. Il museo riaprì nel 1951, sotto la gestione del Comune.
Nel 1973, dopo un lungo processo di acquisizione statale partito nel 1957, il Museo Archeologico di Arezzo divenne nazionale. Al 1985 risale l’ultimo grande rinnovamento.
Negli ultimi anni sono stati fatti piccoli interventi, necessari ad ammodernare una struttura di concezione ormai obsoleta. In attesa di un corposo restyling, il museo oggi è composto da 26 sale, quindici al piano terra rialzato e undici al primo piano.
Elencare tutti i preziosi oggetti custoditi in questi ambienti è cosa impossibile. Proviamo a citare i più importanti, invitando gli aretini e i turisti a scoprire di persona questo luogo affascinante.
Nel piano terra le sale sono suddivise topograficamente in sezione etrusca e sezione romana. Tra i reperti di epoca arcaica e tardo arcaica si segnalano una parte della grande stipe votiva di via Fonte Veneziana (540-500 a.C.), gli splendidi gioielli in oro provenienti dalla necropoli di Poggio del Sole (VI/V secolo a.C.) e le terrecotte di piazza San Jacopo, facenti parte di un tempio etrusco del V secolo a.C.
Dall’agro-aretino, soprattutto dalla Valdichiana, sono ammirabili magnifiche opere vascolari come il Cratere di Euphronios (510-500 a.C.), capolavoro assoluto del museo. Si tratta di un grosso vaso a volute del tipo “a figure rosse su fondo nero” utilizzato per miscelare vino, miele e acqua, proveniente da una ricca e sconosciuta tomba.
Altri oggetti eccellenti sono i vasi di Casalta di Lucignano (V secolo a.C.), tra i quali si ricorda una sbalorditiva anfora a figure rosse (420/410 a.C.) raffigurante il Ratto di Ippodamia. Notevole è anche un torso virile in pietra, ritrovato nei pressi di Marciano della Chiana (VI secolo a.C.).
Dal Casentino si segnalano i materiali pervenuti nel famoso tempio etrusco di Pieve a Socana.
Copiosi sono i reperti di età ellenistica (II e I secolo a.C.): le sale offrono terrecotte decorative, teste, busti ed ex voto. Di questi ultimi sono memorabili quelli fittili provenienti dal complesso santuariale di Castelsecco, rappresentanti dolcissimi bambini in fasce.
Autentica meraviglia marmorea è il Togato di Arezzo, una statua collegabile a un monumento funebre del I secolo a.C., ritrovata nel 1994 nei pressi di via Pasqui.
La parte romana è ricchissima: sono presenti are, teste e busti di marmo, mosaici policromi, corredi funebri, complessi tombali e statuette bronzee.
Non potevano mancare le stanze dedicate agli Arretina Vasa, la celebre terra sigillata liscia e a rilievo dal tipico colore “corallino”, che rivoluzionò la produzione della ceramica da tavola tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Il museo di Arezzo raccoglie la collezione più importante del mondo inerente a questa tipologia di vasellame.
Salendo al primo piano, il visitatore può apprezzare i settori di paleontologia, preistoria, numismatica, le collezioni private ottocentesche e i reperti recuperati dall’area del Pionta.
Una grande sala è dedicata alla ceramica di varia e sconosciuta provenienza, che copre un lungo arco di tempo (dall'epoca villanoviana a quella ellenistica).
Il “pezzo da novanta” di questo piano è una rarissimo ritratto virile maschile in “crisografia”, ovvero inciso su una sottile lamina d’oro, racchiusa da due vetri. Si tratta di un capolavoro a livello mondiale risalente alla seconda metà del III secolo d.C. 
scritto da: Marco Botti, 12/12/2008
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