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Il monumento a Francesco Petrarca

Il 25 novembre 1928 fu inaugurato, sul passeggio del Prato, il più grande monumento mai intitolato a Francesco Petrarca.



Il monumento fu inaugurato nel 1928Il 25 novembre 1928 fu inaugurato, sul passeggio del Prato, il più grande monumento mai intitolato a Francesco Petrarca.

La storia di questo ambizioso complesso marmoreo fu molto lunga e travagliata. Tutto ebbe inizio il 25 ottobre 1902, quando in una seduta del Consiglio comunale di Arezzo si pensò che, per onorare al meglio il sesto centenario dalla nascita del grande poeta (20 luglio 1904), si sarebbe dovuto innalzare, nella città natale, un’opera a lui dedicata.

Due anni furono considerati pochi per raggiungere l’obiettivo e quindi il neonato Comitato per le Onoranze a Francesco Petrarca preferì procedere con calma.

Nell’anno delle celebrazioni petrarchesche fu bandito un concorso tra gli scultori italiani e fu approvata una legge statale che prevedeva un contributo per la realizzazione del monumento. Il concorso non andò a buon fine e quindi ne fu aperto un secondo due anni dopo e un terzo, nel 1907, che decretò la vittoria del bozzetto Ai posteri di Alessandro Lazzerini, scultore nato a Carrara nel 1860 e residente a Firenze.

Di questo artista abbiamo ad Arezzo altre due opere: l’altorilievo di marmo dedicato a Giorgio Vasari all’inizio delle Logge di Piazza Grande e il Monumento ai soldati deceduti negli ospedali aretini nel Cimitero cittadino.

Nel 1909 fu stipulato il contratto che prevedeva il completamento dell’opera entro il 1913, ma una serie di ritardi portò a porre la prima pietra solo nel 1914 e un lungo stop causato dagli eventi bellici fece trascorrere ancora degli anni senza che si portasse avanti il progetto.

Nel 1920 si formò un secondo comitato per riprendere in mano la questione e fu chiesta al Governo una nuova elargizione, visto che quella vecchia non solo non era mai stata distribuita, ma risultava ormai inadeguata per le spese notevolmente aumentate. Nel frattempo si attivarono sottoscrizioni presso i comuni del territorio aretino e in tutti i capoluoghi di provincia italiani, che risposero con entusiasmo all’iniziativa, a esclusione del comune di Bolzano, da poco annesso all’Italia, che rifiutava l’italianità simboleggiata proprio dal Petrarca.

Seguirono ancora mesi e mesi di ristagno dovuto alla cronica mancanza di fondi e ai dubbi sulla giusta collocazione da dare al monumento. Difatti, oltre all’ipotesi del Prato, erano state avanzate negli anni altre soluzioni, come l’angolo tra via Cavour e via San Lorentino, il Poggio del Sole o la realizzazione di una nuova piazza lungo via Crispi, all’altezza dell’anfiteatro.

Dopo estenuanti richieste, nel 1924 Mussolini stanziò il denaro utile a far partire i lavori e all’inizio dell’anno successivo venne firmato un nuovo contratto con Lazzerini. Cominciò così l’estrazione dei blocchi di marmo nelle cave carraresi e la loro lavorazione.

L’aumento spropositato dei costi realizzativi continuarono ancora a mettere in crisi il comitato, che faticava a reperire nuovo denaro ma finalmente, nel novembre del 1928, l’opera fu inaugurata alla presenza del re Vittorio Emanuele III e di tante altre personalità di spicco, italiane e estere.

L'opera è ricca di allegorie che rimandano alle più famose opere del poeta aretinoNonostante la sua solennità e il felice contesto in cui è stato inserito, immerso nel verde a pochi passi dai palazzi del potere, il monumento è stato sempre bersaglio di feroci critiche, sia negli anni Venti/Trenta, sia nell’era post-fascista. Nel primo caso pesavano sulle sue spalle oltre due decadi di gestazione, che avevano comportato il cambiamento del gusto per l’arte scultorea, facendo risultare la creazione di Lazzerini anacronistica e troppo accademica. Nel secondo caso, invece, ha influito l’emarginazione subita nel secondo Dopoguerra da tutta l’arte realizzata in epoca mussoliniana.

Oggi si tenta di riabilitare l’opera, pesantemente deturpata da una moltitudine di scritte stupide e incivili, dandogli una visione più obiettiva. A questo scopo è stato utile il volume uscito nel 2005 dello storico dell’arte Michele Loffredo.

La lettura del monumento è assai complessa e ricca di allegorie che rimandano alle più famose opere del grande aretino, come Africa, i Trionfi e il Canzoniere.

Un Petrarca alto quattro metri domina il complesso scultoreo guardando la casa natale di via dell’Orto. Ha in mano il poema Africa e ai suoi piedi è collocata la Lupa Capitolina che allatta Romolo e Remo. Nella parte anteriore, in basso, si trova una vasca recante sul bordo un gladio italiano che taglia il serpente libico.

Il doppio riferimento guarda alla Seconda Guerra Punica, argomento di Africa, e alla Guerra di Libia del 1911/12.

Sulla vasca cadono le “chiare, fresche e dolci acque” del Canzoniere, sgorganti da uno scudo posto tra un ariete (simbolo della guerra) e un giogo (emblema di schiavitù), entrambi allontananti dal piede della Madre Italiana, che da una parte stringe un bimbo piccolo e con l’altro braccio cinge la gamba del figlio maggiore. Quest’ultimo, con le braccia alzate, allude all’invocazione “pace, pace, pace” della canzone Italia Mia, sempre tratta dal Canzoniere.

Sul lato minore che guarda a est è scolpito un Cupido rappresentante il “trionfo dell’amore”, quello profano, che fa da contraltare con il lato ovest dove invece si trova “l’amore divino”, ovvero una Madonna con il Bambino a simboleggiare il “trionfo dell’eternità”. Al di sotto un teschio alato raffigura il “trionfo della morte”. Le sue ali, una di poiana e una di pipistrello (il giorno e la notte) sono il “trionfo del tempo”.

Nel retro del monumento è mostrata l’incoronazione a poeta di Petrarca da parte del senatore Orso dell’Anguillara nel 1341 a Roma (il “trionfo della fama”) e le figure presenti alla cerimonia riproducono le varie classi sociali. Tra queste si notano un guerriero con le sembianze del Duca degli Abruzzi, un poeta con quelle di Gabriele d’Annunzio e una figura femminile, dove Lazzerini descrive la moglie.

Infine, sulla destra dell’incoronazione, un medaglione con il busto di Laura, l’amata del poeta, simboleggia il “trionfo della castità".

scritto da: Marco Botti, 18/01/2008