SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
La società latita. La politica anche. Le perplessità aumentano. Arezzo, una crescita infelice
Nonostante i buoni risultati conquistati sul campo nel 2016, l'umore di chi segue la squadra non è dei migliori. Nei confronti dei vertici dirigenziali c'è una diffidenza evidente e l'arrivo di Gemmi (il cui nome non compare ancora nell'organigramma del club) ha portato un altro po' di ambiguità. Come se non bastasse, da palazzo Cavallo non giungono segnali di discontinuità con il passato (la vicenda Euronics ne è la dimostrazione). E' per questo che la gente deve stringersi intorno ai calciatori e all'allenatore, l'unico capace di tenere il gruppo dentro un compartimento stagno
TweetLa “crescita infelice”. Prendo a prestito (rovesciandola) la nota formula lanciata da Serge Latouche perché mi pare possa rappresentare con buona approssimazione l’attuale momento del calcio aretino. Da inizio 2016 la squadra ha finalmente cominciato ad inanellare successi e buone partite, la classifica si è fatta se non bella almeno gradevole; eppure l’umore di chi segue le cose amaranto non riesce ad essere soddisfatto. Non è una questione legata ai molti punti persi per un nonnulla nella prima parte del campionato, non è nemmeno la delusione per la sconfitta di Pisa (gli stessi supporters presenti all’Arena hanno ammesso di essere tornati a casa ragionevolmente sereni), quanto piuttosto un insieme di fatti e sensazioni che contribuiscono a tenerci in ambasce.
In primo luogo, ovviamente ed inevitabilmente, la costante latitanza della società. Il presidente Ferretti non si vede quasi più allo stadio, la reciproca diffidenza si tocca con mano domenica dopo domenica anche per il perdurare di equivoci irrisolti che invece di essere avviati a chiarimento si avvitano in irresponsabili esplosioni di rabbia e allargano il fossato che separa i vertici della gloriosa Unione Sportiva dai suoi sostenitori. Appaiono figure come quella di Gemmi (il cui nome, salvo novità dell’ultima ora, continua a non comparire nell’organigramma ufficiale nel sito della società) dal ruolo tuttora indefinito ed anche un pò ambiguo. Si parla da inizio gennaio di rinnovo per i pezzi pregiati della squadra, ma nella sostanza niente si è concluso e più passano i giorni e più le perplessità aumentano (da febbraio i giocatori in scadenza di contratto possono cominciare a prendere accordi con altre squadre).
Il dato di fatto più trasparente è che l’umore di Ezio Capuano è cambiato in maniera sostanziale; cupo anche dopo partite ben giocate e risultati brillanti, rabbioso in panchina ed a fine gara, il mister sembra lottare una battaglia personale contro avversari esterni ed interni. Eppure a lui va il merito indiscusso di avere forgiato una squadra caratterialmente fragile ed averla portata ad essere una truppa da combattimento, a lui il merito di avere ricostruito un giocatore come Tremolada, di avere sgrezzato il ruvido Bentancourt d’inizio stagione, a lui soprattutto va riconosciuto di riuscire a tenere il gruppo dentro una sorta di compartimento stagno nel quale si parla e si pensa solo al calcio giocato.
Ma intorno che succede? Se la proprietà piange, l’amministrazione certo non ride. Dopo le scontate promesse elettorali non si è visto niente di concreto nel coinvolgere o farsi coinvolgere nella vita del principale club sportivo cittadino. La strada che conduce al “città di Arezzo” continua ad essere sconosciuta ai vertici di Palazzo Cavallo, l’impianto è in condizioni penose e la grottesca vicenda della tassa pubblicitaria sullo striscione di Euronics è l’ennesima testimonianza di una ottusità che rasenta l’autolesionismo. Non vale più nemmeno la stanca ripetizione “i problemi della città sono altri”, perché è almeno un decennio che lo sentiamo dire e mentre nulla si fa e nulla si decide, i problemi son tutti lì; anzi qualcuno si è anche aggravato fino al punto di implodere su sé stesso.
Per questa somma di ragioni il bel momento agonistico della squadra non ci fa abbandonare i mugugni e le recriminazioni, non ci regala il sorriso pieno. La gente di Arezzo ha voglia di qualcosa di importante e la trepidante mobilitazione per la trasferta di Pisa ne è l’ennesima riprova. Abbiamo voglia di avere un futuro che non sia solo improvvisazione e abbandono. La città stessa, in un momento grigio e difficile, avrebbe bisogno di un traino, un pensiero felice, una ragione di orgoglio, una spinta che ci riporti in prima pagina per cose positive. La squadra di calcio può essere anche questo e se non lo capisce un imprenditore che in città non vive, è abbastanza scoraggiante che non lo recepisca chi per primo dovrebbe avere a cuore le sorti ed il rilancio del buon nome di Arezzo. Ancora una volta l’unico che mostra un orgoglio “illimitato” è il nostro allenatore, che guida i suoi in Cattedrale manco fosse nato a Colcitrone e sente la partita come uno dei tanti della “Minghelli”. Nell’attesa (abbastanza scettica) che qualcosa cambi davvero, dobbiamo fare di necessità virtù, fare quadrato attorno a chi ci crede insieme a noi: Capuano e e la squadra. Insieme proviamo ad inseguire il sogno – partita dopo partita - di un finale “a dispetto dei santi”.
scritto da: Paolo Galletti, 18/02/2016
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