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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
il Ghigo agli allenamenti della squadra
NEWS

Andiamo a Prato e facciamoci un applauso: nonostante tutto, l'Arezzo non s'abbandona

Tifare è una malattia e noi lo sappiamo bene. Oggi nella piazza c'è disillusione, perché l'anno prossimo rischia di essere uguale a questo: rosa rivoluzionata e ripartire da zero. Così è dura sognare il primo posto e la serie B. Ma non bisogna mollare, se non altro perché a volte i miracoli avvengono e inseguire i play-off già da questa stagione non costa nulla. Magari, cominciando a fare tre punti proprio stasera



la curva sud stasera va in trasfertaSi dice che tifare una squadra di calcio sia una malattia, perché se anche uno volesse provare ad allontanarsi dallo stadio e a disinteressarsi delle sorti dei colori del cuore, non vi è modo di farlo. Ora, questo ragionamento vale a tutte le latitudini, ma da noi, forse perché vi siamo coinvolti direttamente, ci sembra più vero che mai, se teniamo conto anche dello stato attuale delle cose. Non smetteremo mai di gridare “forza Arezzo” o di unirci ai cori degli ultrà, anche se certe circostanze ti farebbero passare la voglia, se non quella di mollare tutto. Che poi magari è anche quello che qualche pesce grosso delle istituzioni calcistiche italiane vorrebbe: tanti clienti davanti alle pay-tv e sempre meno tifosi, che si dà il caso siano persone e non numeri per calcolare un’audience, sulle gradinate, a pagare un biglietto o a fare un abbonamento per quel luogo di socialità chiamato stadio.

 

Se poi a questo male del nostro calcio si aggiunge quello, tutto nostro, di una società che ci lascia senza parole (in tutti i sensi), immersi nel più classico dei silenzi assordanti, ecco che il mantra “mai una gioia” torna prepotentemente in auge. “Che s’avrà fatto di male” noi aretini, come citava uno striscione di qualche anno fa, non è dato saperlo, fatto sta che anche quando le cose vanno bene sul campo, non vi è modo di poterne gioire in modo liberatorio, di potersi far trascinare dall’entusiasmo, dall’euforia, dalla leggerezza. L’anno passato, in questo senso, era stato molto più appagante, perché la squadra era costruita davvero per salvarsi senza nulla più e c’era ancora l’illusione che il futuro sarebbe stato luminoso, programmato, migliore. Di migliore, in effetti, c’è il gioco della squadra e c’è la posizione in classifica, sicuramente i due aspetti che valgono di più nella mente dei tifosi, anche in virtù di un calcio che guarda sempre prima al presente e ai risultati immediati.

 

esultanza amaranto a Carrara dopo il gol di TremoladaNon c’è, però, la seconda componente, quella della speranza concreta di un futuro ancor più roseo. Oggi, al suo posto c’è la disillusione, per cui andiamo a Prato carichi come sempre, per vincere e salire ancora in classifica: un risultato utile sarebbe l’ipoteca sulla permanenza in Lega Pro; una V in più nelle statistiche, però, permetterebbe di cullare ancora quel sogno playoff che razionalmente sappiamo improbabile ma che non vogliamo abbandonare. E sapete perché non lo vogliamo abbandonare? Perché siamo praticamente certi che anche la prossima stagione non ci saranno i presupposti per puntare convinti alle zone nobili della classifica, a quel primo posto che vale la B (eppure c’è chi ce lo aveva promesso).

 

Cerchiamo dentro di noi di trovare quel lumicino di speranza perché sappiamo che anno prossimo uno come Tremolada sarà probabilmente da un’altra parte, a deliziare un’altra tifoseria, e come lui altri giocatori utili alla causa, identikit ideali per una squadra che punta in alto. Insomma, abbiamo la consapevolezza che questa squadra, ora che ha trovato i giusti equilibri, il sistema di gioco ideale, il temperamento per portare a casa i risultati che merita per il gioco che propone, può far bene in questi ultimi mesi e potrebbe fare benissimo anno prossimo. Ma siccome qua “di doman non c’è certezza”, siamo altrettanto consapevoli, ahinoi, che o ci arriviamo già quest’anno a certi lidi (come non saprei dirvelo) oppure da luglio ci sarà di nuovo da fare tutto daccapo, con le solite difficoltà e i soliti rimpianti. In generale, questo leitmotiv agrodolce che ci contraddistingue da anni è la cosa più faticosa da digerire, quindi facciamoci un applauso perché comunque continuiamo a sostenere la squadra senza se (de) e senza ma. Non è facile e non è nemmeno così scontato, ma l’Arezzo è una malattia e noi ne siamo fieri portatori (in)sani! Forza vecchio cuore amaranto!


scritto da: Luca Amorosi, 27/02/2016





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