Atlantide ADV
AMARANTO TV

SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Sara davanti al Duomo di Milano
NEWS

Il Lebbrosario di San Lazzaro

L’odierna via Romana ripete il tragitto dell’antica Cassia Vetus (o Clodia), la più importante arteria stradale del territorio aretino in epoca romana, che collegava Roma ad Arezzo e proseguiva verso la città seguendo l’attuale rettilineo via Vittorio Veneto - Corso Italia.
La porzione della strada compresa tra le località La Mossa e Pontalto prende il nome di San Lazzaro, dal nome del lebbrosario che qui si trovava fin dal Medioevo.



Il lebbrosario si trovava isolato rispetto alla cittàL’odierna via Romana ripete il tragitto dell’antica Cassia Vetus (o Clodia), la più importante arteria stradale del territorio aretino in epoca romana, che collegava Roma ad Arezzo e proseguiva verso la città seguendo l’attuale rettilineo via Vittorio Veneto - Corso Italia.
La porzione della strada compresa tra le località La Mossa e Pontalto prende invece il nome di San Lazzaro, dal nome del lebbrosario che qui si trovava fin dal Medioevo.
San Lazzaro era il patrono dei lebbrosi, non a caso gli ospedali che accoglievano in isolamento questo tipo di malati erano detti anche “lazzaretti”.
Il grande edificio in questione è quello che si vede di fronte alla pizzeria Spritz (ex Mirò Lounge Bar).
L’ospedale di San Lazzaro, voluto dal Comune di Arezzo, era uno dei tanti piccoli nosocomi che circondavano Arezzo e che coadiuvavano quelli principali, collocati all’interno della cerchia muraria.
Il lebbrosario si trovava in un punto strategico, appartato ma collegato alla città e ai piccoli centri abitati della Valdichiana da un’importante via di comunicazione.
Sulla facciata affiorano parti delle colonne del grande loggiatoSan Lazzaro è documentato nel 1278, al tempo del vescovo Guglielmino degli Ubertini. Sempre con la funzione di lazzaretto fu ricostruito nel 1431, quando Arezzo aveva ormai perso da alcuni decenni la propria indipendenza a favore di Firenze.
Nei secoli successivi si trasformò in “convalescenziario”, utilizzato dagli infermi che venivano dimessi dalle strutture cittadine. Difatti, nel 1623 fu annesso all’ospedale di Santa Maria Sopra i Ponti (o del Ponte), la maggiore casa di cura aretina, situata dove oggi sorge l’omonima piazzetta delimitata dai portici di via Roma, via Madonna del Prato, l’ex Supercinema e Corso Italia.
Nel 1784 fu venduto a privati, la famiglia Dini. Agli inizi dell’Ottocento l’ex lebbrosario fu ristrutturato e, come recita l’architrave a sinistra della facciata, nel 1819 il sacerdote Antonio Dini finanziò la realizzazione di un piccolo oratorio intitolato alla Madonna del Buonconsiglio.
Nel 1784 l'ospedale fu venduto ai Dini (nella foto lo stemma della famiglia)Destituito dal ruolo originario, l’edificio è in seguito divenuto una grande abitazione che oggi è in mano alla famiglia Gudini. Nella fiera facciata, dove spicca un bel portale e lo stemma dei Dini, si notano ancora parti di colonne, i capitelli e gli archi di un loggiato in seguito tamponati.

Da questa zona, più precisamente dalla vicina località La Mossa (poco oltre la Cioccolateria Vestri), come indica anche il toponimo si trovava la partenza del celebre “Palio di San Donato”, secolare corsa alla lunga di cavalli scossi che si svolse ad Arezzo dal Medioevo fino all’Ottocento e che terminava di fronte alla Pieve di Santa Maria.
La manifestazione, amatissima dagli aretini, si teneva il 7 agosto di ogni anno in onore del santo patrono. Il premio per il padrone del cavallo vincente consisteva in un prezioso stendardo color cremisi.
La corsa fu abolita nel 1865 a causa di una furibonda rissa scoppiata durante l’evento, per motivi politici, tra una banda di filo-monarchici di Colcitrone e un gruppo di filo-repubblicani di San Lorentino.


scritto da: Marco Botti, 09/10/2009