SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Aspettando un ultimo, mezzo sorriso. Ma la squadra è vuota. E oggi, forse, piove anche...
Un finale di campionato da horror, con la squadra che a suon di prestazioni modeste e risultati negativi ha perso il sostegno dei tifosi. Il coro ''andate a lavorare'' ci starebbe a prescindere, se non fosse che oggi è proprio la festa dei lavoratori... La speranza è che contro la Maceratese arrivi un moto d'orgoglio, poi arrivederci a tutti. E a settembre si ricomincia. L'Arezzo è della gente
TweetVuoto. È questa la sensazione, ma per fortuna è quasi finita. Oggi è l’ultima giornata in casa: in altre parole l’ultimo appello per dimostrare qualcosa ai tifosi, esasperati ormai da un finale di campionato da horror. Vuoto o quasi rischia di essere, però, anche lo stadio, visto che nessuno si aspetta più niente. Non è un buon motivo, forse, per voltare le spalle alla maglia, da sostenere e per cui lottare sempre e comunque, però è un po’ più facile del solito capire chi, per una volta, non prenderà la via del Comunale. Vuota, infatti, è anche la squadra. Svuotata, appunto, di qualsiasi caratteristica necessaria ad affrontare una partita di calcio: zero lucidità, zero grinta, zero sicurezza, zero concentrazione. “Più in basso di così c’è solo da scavare” cantava Daniele Silvestri nel suo pezzo più celebre. E allora ce li vedo, undici giocatori con la pala, a impegnarsi per portarci ancora più a fondo. Perché se in una cosa si sono impegnati, in questi mesi, è nel far affondare la barca con la complicità dei piani alti del Cavallino. Poco importa se a bordo c’erano loro prima di ogni altro. Gli urleremmo volentieri di “andare a lavorare”, se non fosse che oggi è proprio la festa di chi lavora davvero. Ecco perché giocano o, almeno, vanno a presenziare in campo.
Oggi ci vorrebbe una prova diversa, gagliarda, di spessore tecnico e temperamentale. Non per salvare la faccia, come dicevamo qualche settimana fa, ma almeno per strappare un mezzo sorriso a un pubblico che avrebbe meritato molto di più. Ma, onestamente, cosa c’è da aspettarsi? Non c’è un presupposto che sia uno per pensare in un moto d’orgoglio, in una riscossa, in una nostra bella performance. La Maceratese ha ancora un obiettivo, mentre noi il nostro lo abbiamo praticamente archiviato grazie alla gentile intercessione di Semplici e della sua Spal…
La squadra non gira e non vuole girare, attende gli eventi e li subisce con disarmante facilità. A noi allora non resta che sopportare gli ultimi 180 minuti di campionato, sperare che scorrano lisci e soprattutto bramare tempi migliori, per quanto sia difficile. Viene da chiedersi quando mai arriveranno: settimana scorsa abbiamo assistito alla festa di Ferrara; ieri è stata la volta del tripudio di Benevento. A noi quando ci ricapita una gioia così?
Vuoti, di conseguenza, siamo anche noi ormai. Ingrigiti, rassegnati, desolati da anni di programmi nebulosi, promesse volatili, risultati altalenanti in cui solo l’anno passato è stata una piacevole parentesi. In poco tempo ci hanno tolto praticamente tutto: l’entusiasmo di vedere calciatori in maglia amaranto calcare un rettangolo verde; la speranza di riassaporare vecchie sensazioni di gioia ormai nel dimenticatoio; l’adrenalina che anticipa ogni partita; la voglia di urlare cori di sostegno a squarciagola mentre il cuore vibra. Una cosa però a noi è rimasta: l’orgoglio di tifare la squadra della nostra città e del nostro cuore. Di esserci anche nelle avversità. Contestando, magari, perché c’è poco da fare di fronte a certi scempi, ma con la convinzione che non esserci vorrebbe dire dargliela vinta, a chi va in campo e a chi mal dirige le danze. Non ci avranno mai e mai ci abbatteranno. E quando tutti se ne saranno finalmente andati, più lontano possibile, noi saremo ancora là, in pieno possesso del nostro Arezzo, pronti di nuovo a sostenerlo. Perché l’Arezzo siamo noi e tutto il resto rimarrà solo un vago e inutile ricordo. Come si chiamava quella punta? Boh. Ti ricordi di quel vicepresidente? No, proprio no. Quanto li invidio, i tifosi di un futuro lontano. Intanto noi ci becchiamo questo presente rabberciato, lo mandiamo giù a fatica ma ci tocca pensare che potrebbe andare peggio: “potrebbe piovere”. Anzi, no, aspettate, probabilmente pioverà pure. Mai una gioia.
scritto da: Luca Amorosi, 01/05/2016
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