SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Ultimi 90 minuti, ma la partita vera è fuori dal campo. Gemmi & Riccioli speranze di Ferretti
Il tempo passa e gli umori cambiano. Un anno fa, nonostante la squadra avesse mollato e conquistato solo una vittoria in nove giornate, l'ambiente era compatto e i tifosi contenti. Oggi la serie negativa è molto simile nei numeri, con la differenza che il pubblico è sul piede di guerra. Colpa di una crisi che è nata dentro le stanze dei bottoni e che ha riportato al minimo la popolarità del presidente. Direttore generale e direttore tecnico dovranno cambiare gli stati d'animo, andando per molti versi ''a caccia di miracoli''
TweetIl tempo passa e gli umori cambiano. Un anno fa l'Arezzo stava aspettando l'ultima di campionato contro il Sud Tirol, poi persa 3-1, con la salvezza in tasca e un ambiente compatto. Per salutare la stagione, in curva comparvero due striscioni: ''vada come vada, è stata una grande annata'' e ''noi abbiamo undici leoni''.
Eppure la squadra, dopo il colpaccio a Lumezzane nel recupero dell'11 marzo, aveva mollato: nove partite, una sola vittoria in extremis contro il Monza, ben sei pareggi e due sconfitte. Ma quella venne interpretata come la flessione fisiologica di un gruppo che aveva sputato il sangue per tenersi a galla. E c'era riuscito. Pure nell'ultima serie di risultati, non proprio brillanti, c'erano dentro prestazioni combattive come quella con l'Alessandria, costretta all'1-1 al Comunale.
L'Arezzo chiuse in calando il campionato, ma nessuno fiatò. Gli undici leoni avevano battuto il Bassano, erano stati rimontati in extremis dal Pavia, se l'erano giocata con il Novara e quando contava, non avevano sbagliato mai. Il pubblico, che sarà polemico ma stupido e prevenuto no, certe sfumature le aveva colte e apprezzava il fatto che società, allenatore, calciatori formassero un gruppo coeso.
I motivi di discussione non mancavano nemmeno allora, dai soliti contratti annuali alle prospettive dell'ennesima rivoluzione, dal muro contro muro con il Villaggio Amaranto ai campi d'allenamento, però il clima era tranquillo e nel domani veniva risposto un brandello di fiducia.
Dodici mesi dopo, la parabola discendente dell'Arezzo è molto simile: nelle ultime nove partite sono arrivate una sola vittoria, quattro pareggi e quattro sconfitte. Al di là della salvezza guadagnata nonostante tutto, l'atmosfera è cambiata radicalmente e in peggio, al punto che negli ultimi striscioni mostrati dalla sud si leggevano parole che non erano complimenti.
Dalla sconfitta con il Pontedera in avanti è andato tutto a rotoli e la crisi non è rimasta confinata al campo, allargandosi alle stanze dei bottoni, dove si è consumato uno sfilacciamento evidente e repentino. I tifosi hanno preso le distanze dai calciatori, stigmatizzando prestazioni così brutte e svogliate da far nascere i peggiori sospetti. Fino a quel ''traditori'' esposto nottetempo a La Nave.
Il pubblico, che è sempre lo stesso di un anno fa, magari polemico ma non certo stupido né prevenuto, le sfumature ha continuato a coglierle e ha mal digerito le modalità di gestione di un'annata che poteva chiudersi dignitosamente e che è stata mandata a galline. Società, allenatore, calciatori: altro che gruppo coeso, nell'Arezzo sono volate (e volano ancora) coltellate alla schiena.
E' per questo che oggi c'è meno fiducia nel futuro, c'è disillusione e il credito che Ferretti si era riconquistato (dopo averlo avuto e poi perso, riacquistato e riperduto di nuovo per le solite scelte miopi), è andato in polvere.
Come e cosa fare per recuperare consensi non è semplice. Ci vorrebbe una svolta radicale nei rapporti e nelle scelte di gestione, che però a questa proprietà sono sempre rimaste in canna. La storia degli ultimi tre anni e mezzo racconta di un continuo saliscendi, con Ferretti accolto a braccia aperte quando acquistò il club e poi guardato con diffidenza dopo l'arrivo di Bonafede come Dt, dopo la mancata conferma di Nofri, dopo il primo no al ripescaggio.
Eppure bastò una campagna acquisti importante per spingere la tribuna a un applauso spontaneo nei confronti del presidente. Era l'ottobre del 2013, era la serie D da cui lo stadio sperava di fuggire. Ne seguirono orrori tecnici di ogni tipo, il campionato perso, tre allenatori, il caso Pagni, il secondo no al ripescaggio. E fu contestazione aperta.
Ma l'idillio è tornato di nuovo, soprattutto grazie a Capuano che, con i suoi pregi e con i suoi difetti, riuscì a rivitalizzare un rapporto che sembrava consumato. Ferretti si è giocato pure questo jolly e oggi la proprietà arranca dietro a progetti ambiziosi che dovrebbero mettere il timbro sul cambiamento tanto atteso.
Riccioli e Gemmi, Dg e Dt, sono le figure chiave in questo contesto. Perché se non altro portano in dote il valore dell'aretinità l'uno e la competenza tecnica l'altro. Due requisiti che con la gestione Ferretti non hanno mai pesato il giusto. E quindi sì, domenica l'Arezzo gioca a Rimini, ma è il resto che conta. E, a proposito di striscioni, bisognerebbe rispolverare quello dei play-out 2002 a Carrara: ''a caccia di miracoli''.
scritto da: Andrea Avato, 06/05/2016
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