SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Quando Conte insegnava calcio ad Arezzo. La prima panchina verso una gloria da predestinato
La telefonata di Pieroni dentro l'Ikea, il ritiro di Norcia che sembrava un supermercato, un presidente dal carattere esuberante: sono i primi tre flash amaranto dell'attuale Ct della Nazionale. Il calcio propositivo, i rigori sbagliati, la nascita del 4-2-4, Bondi e Croce, l'analisi maniacale dei video, la collaborazione con Coratti, la rimonta sfiorata e l'ultimo no di Mancini che ha cambiato la storia
Tweet''Mai fatto catenaccio, io insegno calcio''. Lo ha detto Antonio Conte a Saint-Denis, l'altro giorno, e ha detto la verità. Dopo l'1-0 in versione small contro la Svezia e la sconfitta dell'Italia 2 contro la Repubblica d'Irlanda, avevano provato ad appiccicargli sulla schiena l'etichetta più banale. All'estero vivono di stereotipi e quello dell'italiano difesa e contropiede, con l'aggiunta di spaghetti-pizza-mandolino, è duro a morire.
Invece no. ''Nella mia carriera ho sempre provato a giocare d'attacco, fin dai tempi di Arezzo''. Parole del Ct in una delle prime conferenze stampa dell'Europeo.
I tempi di Arezzo risalgono a dieci anni fa. Luglio 2006, l'Italia aveva appena vinto il Mondiale. Gustinetti era stato lasciato libero (eufemismo) dopo i 66 punti più beffardi della storia amaranto. Mancini tentennava e non sapeva se iscrivere la squadra al campionato. Alla fine decise per il sì e dovette prendere qualcuno per la panchina.
Come arrivò ad Antonio Conte, dopo aver scartato l'opzione Nando Orsi, lo racconta proprio l'allenatore nella sua autobiografia ''Testa, cuore e gambe'', scritta a quattro mani con il giornalista Antonio Di Rosa.
''Un giorno sono all'Ikea quando mi squilla il cellulare. Numero sconosciuto. Rispondo e dall'altra parte c'è Ermanno Pieroni, direttore sportivo dell'Arezzo. A due giorni dall'inizio del ritiro, mi spiega, non hanno ancora scelto a chi affidare la squadra.
«Mister, abbiamo un amico in comune. Il suo nome me l'ha fatto Luca Petrachi... Io mi fido dei miei amici, quindi vorrei incontrarla».
Nel frattempo l'Arezzo prende una penalizzazione di 6 punti, ma non mi interessa. Va bene tutto (...) Firmo e raggiungo subito la sede del ritiro; praticamente non conosco nemmeno un giocatore ma ho sentito che c'è aria di smobilitazione (...) Il presidente Mancini è un tipo esuberante come da parecchio tempo non ne incontravo''.
La carriera di Antonio Conte allenatore comincia da Norcia. L'anno prima aveva fatto il secondo a De Canio, al Siena, ma stavolta la musica è diversa. In quel ritiro c'è un giovanissimo Ranocchia, un Floro Flores in rampa di lancio e un Martinetti con il ginocchio malandato. Volpato è reduce da un intervento al crociato e non è ancora disponibile. Sinigaglia sa già che verrà ceduto. L'attacco è un rebus.
Il Conte di quei giorni non è il Conte di oggi. Ama il calcio di spinta ma non ha un modulo cui aggrapparsi. Parte con l'idea del 4-3-1-2, tiene il brasiliano Bondi dietro le punte, mette Goretti in cabina di regia e lo alterna con Beati. Davanti però solo Floro dà garanzie. Chiappara non convince, Simonetta è un ragazzino, Lauria è tenero per la B, Croce ancora non è stato acquistato.
Scrive Conte: ''Più che a un ritiro precampionato, sembra di essere in un supermercato: partono più giocatori di quelli che arrivano... Insomma, un via vai incredibile''.
Eppure il carattere è già tosto. L'allenatore dell'Arezzo martella giocatori e staff, a tavola è un sergente di ferro, controlla l'alimentazione, il peso. Stesso decalogo del ritiro azzurro a Montpellier: no dolci, no bibite gassate, no stravizi. Duro e inflessibile.
L'Arezzo in Coppa Italia parte bene: elimina il Perugia ai rigori, il Venezia ai supplementari e l'Udinese ancora ai rigori. Conte vuole una squadra propositiva che recuperi il più in fretta possibile il pallone e il -6: rinuncia alle due punte e opta per il 4-4-1-1, con una coppia di mediani incontristi (spesso Bricca e Di Donato) che fanno legna e Bondi alle spalle di Floro. L'acquisto di Croce gli consegna un'alternativa di livello sugli esterni.
Con la Fiorentina in amichevole finisce 2-2: i viola in dieci pareggiano con Reginaldo all'ultimo minuto e Conte cazzia i suoi dentro lo spogliatoio. E' una partita che non conta niente ma il messaggio arriva forte e chiaro: ''Se l'avversario barcolla, lo dovete buttare giù''.
Quando inizia il campionato, iniziano anche i problemi. Vigna sbaglia un rigore con il Mantova e finisce 1-1. Floro sbaglia un rigore a Frosinone e finisce 0-0. Bondi sbaglia un rigore con il Bari e finisce 1-0 per i pugliesi. Il gioco piano piano s'inceppa, davanti la squadra non punge, Volpato si rimette in piedi il 21 ottobre. Troppo tardi. Dopo nove partite, l'Arezzo ha raccolto cinque pareggi ed è ancora a -1 in classifica. Mancini e Pieroni decidono di esonerare Conte. E' il 28 ottobre.
''Sono consapevole di aver commesso degli errori, ma anche arrabbiato: mi sono buttato con grinta in un mare di difficoltà, dovendo fare i conti con una rosa non all'altezza e con la penalizzazione (...) Ho peccato d'inesperienza? Ok, migliorerò. Tornero più forte''. Questo racconta il tecnico, che a volte sembra ancora un ex calciatore.
Tra i peccati d'inesperienza c'è la difficoltà a creare rapporti positivi. Con Galeoto, Terra e Mirko Conte vengono a galla le frizioni. Con Pieroni il feeling s'incrina. Con i cronisti l'allenatore litiga spesso. Il modo di porsi non è quello giusto, la voglia d'imparare sì.
Mentre Maurizio Sarri, il suo sostituto, prova a risalire la classifica, Conte va in giro a vedere partite. Va ad Amsterdam a scrutare il lavoro di Van Gaal. Ma non solo. Nel libro si legge: ''Frequento qualche campo dei tornei dilettanti, in cinque mesi macino più chilometri di un rappresentante (...) Ottengo spunti interessanti da conservare per il futuro''.
In quei giorni vissuti nel limbo, si consolida l'idea di giocare per vincere. Sempre. Perché l'Arezzo potrebbe richiamare. Perché bisogna conquistare la salvezza. Perché è giusto così.
E l'Arezzo, in effetti, richiama il 13 marzo, dopo la sconfitta di Trieste. Conte torna e convince Mancini a ridimensionare l'influenza di Pieroni: ''Da adesso decido io quello che si deve fare. Se va bene è così, altrimenti...''.
Nel cervello ha il 4-2-4 che diventerà il suo marchio di fabbrica, che gli farà vincere il campionato di B a Bari e a Siena. La difesa, dopo la cura Sarri, è più omogenea. Conte alza gli esterni, trasforma gli incostanti Bondi e Croce in due stantuffi con i piedi buoni, lascia i mediani a fare diga e alterna Martinetti e Volpato a fianco di Floro Flores.
La metamorfosi non è immediata. Servono allenamenti a ritmi altissimi e lo studio maniacale dei video. E' ad Arezzo che Conte inaugura l'analisi dei filmati, un'ossessione che si sta rivelando un'arma micidiale per la spedizione azzurra in Francia. Ogni giorno una sequenza di immagini da elaborare, capire e metabolizzare.
L'allenatore, fresco di Master a Coverciano, pochi mesi prima aveva presentato una tesi dal titolo: ''Considerazioni sul 4-3-1-2 e uso didattico del video''. Dentro c'erano i precetti fondamentali di quello che oggi chiamano il Contismo: ''Alcuni calciatori fanno fatica ad accettare la critica: davanti all'immagine dell'errore non possono trovare scuse (...) La linea difensiva non deve mai pensare a livello individuale. Alla fase offensiva partecipano tutti (...) I due attaccanti, complementari, a turno e secondo situazione arretrano per dare appoggio e creare profondità. I giocatori più lontani dalla palla si devono mettere in posizione di anticipo sull'avversario, specie quelli più vicini al portatore''.
L'Arezzo è a -10 dalla salvezza. Un'impresa che può diventare concreta solo se la squadra sarà capace di andare al di là della ragione. Come Italia-Spagna.
In sala stampa Conte è più morbido nei toni ma sempre perentorio nei concetti. E dice: ''La nostra unica possibilità è vincere. Il pareggio, a questo punto della stagione, equivale a una sconfitta. E per vincere dobbiamo attaccare. Quello che si vedrà in campo sarà un Arezzo all’arma bianca che giocherà tutte le partite a viso aperto e che dovrà costringere l’avversario a misurarsi sullo stesso terreno''.
Dopo quattro settimane di semina, si passa al raccolto. La squadra sboccia a dispetto dei pronostici, i meccanismi di gioco sono rodati, la manovra si sviluppa armonica. E' un Arezzo che combatte su ogni pallone. Nelle ultime dieci giornate arrivano otto vittorie, un pareggio e una sola sconfitta contro la Juventus. Conte ha creato una macchina da guerra capace di segnare 19 gol e, tolta la cinquina della Juve, di subirne solo 5.
I play-out, purtroppo, sfumano per un punto. Ma la stagione consegna a Conte il pass per una carriera in rapida ascesa, oltre che un collaboratore fidato come Costantino Coratti, il preparatore atletico che adesso è al suo fianco in Nazionale.
L'Arezzo deve ripartire dalla C1 e però Conte non è uno che si piega. Due anni più tardi riuscirà a conciliare lavoro e libri, a completare gli studi universitari e laurearsi in scienze motorie con 110 e lode, discutendo un documento su ''la psicologia degli allenatori'' avuti in carriera, da Fascetti in poi. Non è uno che si smonta di fronte alle difficoltà, con Arezzo si è creata empatia, l'ipotesi di riportare la squadra in B lo intriga.
''Mi sembra di aver fatto cinque stagioni in una'' pensa Conte, che va da Mancini e gli propone il progetto di rilancio: due anni di contratto, ingaggio da 200mila euro, lista dei primi acquisti. L'amministratore delegato Cappietti è per il sì, il presidente ci pensa e dice no. Conte saluta, Cappietti dà le dimissioni, Pieroni va a Grosseto, la panchina amaranto finisce a De Paola. Nel gioco crudele delle sliding doors, Conte s'incammina da predestinato verso la gloria. L'Arezzo s'incatena a una categoria da cui non uscirà più.
scritto da: Andrea Avato, 29/06/2016
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