SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Lo zibaldone della trasferta di Perugia. Amarcord, fango e gli 8 minuti di Erpen
Andare a Perugia e rischiare di vincere fino all’ultimo secondo, accarezzando l’idea di fare il colpaccio senza centrare l’impresa, è come quando organizzi il weekend al mare e poi diluvia sia il sabato che la domenica. Rimani spiazzato, non sai come ovviare al cambiamento di programma e passi due giorni a cazzeggiare senza alcun costrutto.
TweetAndare a Perugia e rischiare di vincere fino all’ultimo secondo, accarezzando l’idea di fare il colpaccio senza centrare l’impresa, è come quando organizzi il weekend al mare e poi diluvia sia il sabato che la domenica. Rimani spiazzato, non sai come ovviare al cambiamento di programma e passi due giorni a cazzeggiare senza alcun costrutto. Dalla trasferta di domenica ho però capito che l’Arezzo è squadra come non era mai successo nei tempi recenti e che per andare a Perugia, quasi quasi, si fa prima a passare da Monterchi, almeno si evitano i trattori che di solito viaggiano tra Castiglion del Lago e Rigutino.
A come amarcord. Al Perugia c’ho lavorato tre anni. Ho anche le foto con la divisa della società ma le tengo ben chiuse in un cassetto perché sennò potrei essere ricattabile quanto e più di qualche politico molto chiacchierato in questi giorni… Però domenica ho rivisto persone con cui ho condiviso belle esperienze umane e professionali e le ho salutate con piacere. In quel periodo, tra il 2001 e il 2004, a Perugia mi prendevano per i fondelli perché ero di Arezzo e ad Arezzo mi rinfacciavano di lavorare a Perugia. In ogni caso non nego che domenica avrei vinto volentieri!
B come Benassi. Mortacci sua.
C come corsi e ricorsi. Alzi la mano chi, in partenza per Perugia sotto la pioggia, non ha ripensato al fatto che il 15 giugno 1986, giorno dell’unica impresa amaranto in terra umbra, diluviava come ai tempi di Noè. E che quindi il segnale premonitore del cielo era assolutamente benevolo. L’abbiamo pensato tutti, ma non è servito a niente.
D come danza. Quella di Venitucci sulla palude del Curi. Lui, leggero come un fringuello, avrebbe dovuto sparire dal campo, inghiottito dalla poltiglia e dagli avversari. Invece no. Più giravano le lancette e più giocava la palla, correndo su e giù, dispensando le solite aperture e inedite legnate, come nel caso dell’ammonizione. Un piccolo, grande leone. Applausi.
E come ex. Nel Perugia ce n’erano tre. Taccucci ha giocato ad Arezzo nel ’95 e molti nemmeno se lo ricordavano. Del Core è stato qua nel 2004 ma non ha lasciato traccia. Così l’unico, vero ex era Rafa Bondi detto cabezao. Della sua partita si è già detto tutto. Io voglio solo aggiungere che gli faccio mille auguri perché ha un bambino piccolo che deve risolvere certi problemi di salute. Il calcio è vita, come suol dirsi, ma la vita non è solo calcio.
F come fango. Pioggia battente, campo allentato e un pallone che rotola a fatica sull’erba. E’ stato un derby come ai vecchi tempi, che poi sono i bei tempi, con le divise dei giocatori sporche e insozzate dalla mota. Sarà un caso ma ne è venuta fuori una partita avvincente, senza tanti salamelecchi e con l’agonismo che tracimava a ogni entrata. E poi vengono a dire che i terreni in sintetico sono il futuro. Ma dove?
G come Grifo. Il simbolo del Perugia è il mitologico animale alato e con gli artigli. Anche il Genoa ha il Grifo nello stemma, ma tra le due creature c’è una differenza non da poco e della quale i perugini vanno molto orgogliosi. Chi indovina qual è, vince l’ingresso gratis alla cena amaranto del 4 dicembre.
H come hostess. Avevo lasciato Perugia con splendide ragazze che allietavano la tribuna distribuendo formazioni e caffè. Non ne ho ritrovata nemmeno una. Che tristezza.
I come interviste. A seguire l’Arezzo in trasferta di solito siamo in quattro o cinque giornalisti. In casa un po’ di più. A seguire il Perugia in trasferta sono una decina. In casa arrivano a cinquanta e forse non bastano. Quattro quotidiani locali, tre quotidiani sportivi, quattro televisioni, siti internet a gogò, radio, agenzie, fanzine e periodici vari. La sala stampa è un formicaio dove tutti cercano di strappare la mezza frase, il sussurro, l’indiscrezione che sfugge alla concorrenza. La carta stampata invade la sala delle tivù, quelli delle tivù sconfinano dalla carta stampata. E quando sopraggiunge Pagliari, lo vivisezionano per un quarto d’ora con una decina di microfoni sotto il naso e altrettanti taccuini spiegati davanti. Da noi, cinque minuti dopo il fischio dell’arbitro, arrivano gli steward al gabbiotto e con modi spicci ti intimano di sbaraccare che è l’ora di andare a casa…
L come lasagne al tartufo. Mangiate in un ristorante del centro di Città di Castello. A mezzogiorno e un quarto circa. Con la colazione ancora sul gozzo. Perché quando si va in trasferta i miei colleghi vogliono fare pranzo seduti a tavola, anche se l’orario non è quello ideale. Io avrei preferito un panino con la salsiccia dal porchettaro davanti allo stadio. Quello sì che combatte il colesterolo. E poi crea l’atmosfera partita.
M come moscerini. Benassi ha parato anche quelli. Ne aveva a decine appiccicati ai guanti.
N come nome e cognome. Botteghino accrediti, sotto una pioggia scrosciante. Nome e cognome, documento, ritiro del pass. Primo sbarramento sulla strada verso l’ingresso, sempre sotto l’acqua. Nome e cognome, documento, esibizione del pass. Ma scusi, sono sempre io. “Fa niente, sono le regole”. Ombrelli con la punta, non si entra. Ombrelli senza punta, prego si accomodi. Terzo ingresso, sotto un mezzo diluvio, con un ombrello in meno. Nome e cognome, documento, “il pass per favore”. Mi perdoni, in cinquanta metri non ho cambiato identità. “Le leggi sono queste”. Codice a barre, lettore ottico, tornello. Dentro. Accedere alla white house di sicuro è più semplice.
O come otto minuti. Rivera ne giocò sei nella finale del ’70 contro il Brasile. E ne nacquero polemiche che durano tutt’oggi, tant’è che la scorsa settimana da Vespa hanno rimesso in piedi un processo postumo alla buon’anima di Valcareggi, figuriamoci. Gli otto minuti che ci riguardano sono quelli che Semplici ha concesso a Erpen tra Pergocrema e Perugia, cioè soltanto il recupero delle due gare. Vittima dei sottili equilibri tattici raggiunti dalla squadra, l’argentino sta soffrendo seduto in panca. Purtroppo la coperta è corta: se la tiri di qua, ti scopri di là. Il calcio a volte è crudele oltre misura. E soprattutto non si può giocare in dodici.
P come paradosso. La partita col Benevento si disputò su un acquitrino. L’Arezzo venne fuori alla distanza, giocò meglio degli avversari e vinse anche. Tutti si meravigliarono perché una squadra tecnica su quel terreno, ma come ha fatto? Il derby col Perugia si è giocato su un pantano, l’Arezzo è venuto fuori alla distanza, ha giocato meglio degli avversari e non ha vinto solo perché Benassi ha fatto i miracoli. E tutti si sono meravigliati un’altra volta, ignorando uno pseudo paradosso che nel calcio è noto: chi ha qualità, sui campi pesanti è avvantaggiato. Perché se tu la stoppi con un tocco solo e agli altri ne occorrono tre o quattro, prendi il sopravvento. E’ elementare.
Q come quattrotreunodue. Mi piacciono le squadre che fanno possesso prolungato, che la giocano anche in orizzontale, che hanno proprietà di palleggio, che quando non ci sono sbocchi davanti, tornano indietro e fanno ripartire l’azione dai difensori. E’ un calcio modello spagnolo che mi ha sempre affascinato, perché ti dà la possibilità di tenere in pugno la partita e irretire l’avversario. Mi è piaciuto l’Arezzo di Perugia, ha dimostrato personalità e ha dato prova che durante la settimana si lavora in un certo modo. Poi è chiaro che servono anche qualità tecniche e una mentalità condivisa. L’Arezzo di Semplici, col suo centrocampo a rombo, mi sembra abbia entrambe le cose.
R come rete, rete! Anzi no. Benassi, mannaggia a te!
S come settore ospiti. Non pienissimo ma bello tosto e incazzato, specialmente all’inizio e alla fine della partita. Dopo i tre fischi dell’arbitro e lo 0-0 consegnato agli almanacchi, i cori degli ottocento tifosi amaranto sono riecheggiati potenti all’interno dello stadio. Una bella dimostrazione di vitalità che, a mia memoria, non si registrava da diverso tempo. Anzi, negli ultimi anni di C non credo ci fosse mai stata. E’ il segno che qualcosa sta cambiando o, più semplicemente, l’effetto derby che domani sarà già svanito?
T come tandem. La difesa dell’Arezzo è di granito, di marmo. Insomma, è un bunker. Terra e Pecorari sono due giganti che in questa categoria ci stanno per caso. Aiutati dai compagni, coperti da un portiere che sa il fatto suo, stanno giocando su livelli altissimi, da serie B. Al di là di qualche sporadica occasione concessa agli avversari, è stato appagante vedere come Del Core, Paponi e anche Ercolano rimbalzassero contro i due centrali nostri. Che saranno sì sopra la trentina, ma si comportano da baldanzosi giovanotti.
U come uno. Sapete quanti gol ha preso l’Arezzo su azione manovrata nelle ultime sei partite?
V come vaticinio. Il presidente Mancini non è scaramantico e, in barba a qualsiasi prudenza, dichiara sempre ai quattro venti che vinceremo noi, la partita sarà nostra, conquisteremo i tre punti, siamo i più forti eccetera eccetera. Domenica mattina, su un quotidiano locale, ho letto le sue dichiarazioni sul derby, che lui considerava già vinto, e non mi sono potuto esimere dal toccare ferro. Poi quando Benassi faceva il suo sporco lavoro, mi sono convinto una volta di più che certe cose, porca eva, non si dicono. Mai.
Z come zibaldone. Prossimo appuntamento, Viareggio. Dove c’è uno di quegli stadi senza agibilità in cui non si dovrebbe giocare. Invece Macalli ha concesso la deroga e la Questura di Lucca vieta la trasferta alle tifoserie ospiti. Così una situazione di negligenza si trasforma in un vantaggio per il Viareggio. Le solite cose alla carlona che non scandalizzano (quasi) più nessuno.
scritto da: Andrea Avato, 10/11/2009
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