SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Lo zibaldone della trasferta di Varese. Oci ingordi, Skype, ricordi e facce toste
Lo zibaldone della trasferta di Varese, che ricorderò tutta la vita perché mentre io tornavo a casa in autostrada, respirando lo smog dell'A1, Sant'Andrea in piazza Grande vinceva il Saracino. E mentre io ripensavo al gol sbagliato da Fofana, Vedovini anneriva il pomodoro. Che bella situazione...
TweetLo zibaldone della trasferta di Varese, che ricorderò tutta la vita perché mentre io tornavo a casa in autostrada, respirando lo smog dell'A1, Sant'Andrea in piazza Grande vinceva il Saracino. E mentre io ripensavo al gol sbagliato da Fofana, Vedovini anneriva il pomodoro. Che bella situazione...
A come attrezzatura. A Varese, per fare la radiocronaca, mi sono dovuto attrezzare per tempo, provvedendo a: installare Skype sul pc portatile, configurarmi, installare la chiave Vodafone per la connessione (“è più veloce e funziona meglio” mi avevano garantito dalla radio), collegare cuffie e microfono, inserire la mia chiave Tim perché con la Vodafone cadeva la linea ogni due minuti e dieci secondi (“te l'avevo detto io”). Nel frattempo avevo il cellulare acceso per le emergenze (non si sa mai), il foglio con le formazioni, quello per prendere i minuti delle azioni più importanti e quello con i dati sui giocatori del Varese. La gente che transitava nei pressi mi guardava come se stessi per premere il bottone rosso della bomba atomica. E non aveva tutti i torti.
B come botteghino. Di solito dentro il casottino del ritiro accrediti ci stanno signori attempati, quasi sempre poco cortesi e molto sbrigativi. Due volte su tre non trovano il tuo nome nella lista dei giornalisti e devi discutere venti minuti perché loro ti cercano sotto l'elenco delle testate e invece ti hanno registrato con nome e cognome. E' sempre così da anni. A Varese, sorpresa delle sorprese, a consegnare i pass c'era una ragazza col sorriso radioso e un fascino che travalicava l'inferriata. Ha consegnato gli accrediti in due secondi e non ha chiesto nemmeno il documento d'identità. Si è fidata sulla parola. Lei, giustamente, se lo poteva permettere.
C come cuffie. Se vedo uno che non conosco, con le cuffie in testa, che oltretutto parla in un microfono, l'ultima cosa che mi viene da fare è andargli vicino e porgli delle domande. Invece a Varese c'era un tipo che dieci minuti prima dell'inizio della partita, mentre stavo aggeggiando con Tim, Vodafone eccetera eccetera, ha cominciato a chiedermi come si chiama Chianese, in che ruolo gioca Venitucci, da dove viene Semplici e altre rotture di palle. Ho sopportato la bellezza di centoventi secondi, poi gli ho detto con tono accalorato che ero incasinato, non capivo cosa stesse dicendo e che doveva andare da un'altra parte. Lui si è messo a sedere senza scomporsi ma quando ha segnato Ebagua, ha preso a manate il mio gabbiotto, facendo rimbombare ogni cosa. Quindi mi ha guardato e ha fatto la linguaccia. Decisamente un tipo strano.
D come destabilizzazione. Dal 18 luglio in poi, man mano che arrivavano vagonate di nuovi giocatori, si è ripetuto fino alla noia che occorreva avere pazienza, che c'era bisogno di tempo, che l'Arezzo sarebbe venuto fuori alla distanza. Oggi, dopo due sconfitte in tre giornate e i mali tipici della squadra da compattare, la pazienza è diventata un optional. E già si odono voci temerarie che rivorrebbero in panchina Somma e Conte. Semplici, sentitamente, ringrazia.
E come Ebagua. Di nome fa Osarimien, è nigeriano, ha 23 anni e un fisico da granatiere. Quando gioca sembra una via di mezzo tra Adebayor e Drogba, con le dovute proporzioni ovviamente. A spallate non lo ferma nessuno, se prende velocità è un tir. In più ha anche il piede sensibile. In tre giornate ha segnato tre gol, abbattendo l'Arezzo con una percussione inarrestabile. In sala stampa gli hanno chiesto dove vuole arrivare il Varese e lui ha risposto: salvezza, salvezza, salvezza, rivisitando il celebre resistere, resistere, resistere di borrelliana memoria. Poi gli hanno domandato anche quanto guadagna e lui ha glissato, lasciando intendere che l'argomento non gli piaceva granché. Nessuno ha avuto il coraggio di insistere...
F come faccia tosta. Una cosa che mi diverte moltissimo, quando l'Arezzo gioca in trasferta a centinaia e centinaia di chilometri di distanza, è leggere e ascoltare i commenti del giorno dopo. La partita in tivù è andata in onda soltanto ieri sera, quindi dalle ore 17 di domenica alle 23 del lunedì, un plotone di sportivi ha detto la sua, spesso con toni perentori, senza aver visto nemmeno un'azione, segando Fofana piuttosto che Coppola facendo ricorso esclusivamente alla cosiddetta scienza infusa. Che è come massacrare un attore senza aver visto il film. Solo che nel calcio, oramai, è tutto lecito, anche esprimersi per sentito dire.
G come gol. L'anno scorso l'Arezzo segnava a raffica e non andava bene perché ne prendeva troppi. Quest'anno segna col contagocce e non va bene uguale perché perde sempre 1-0. E' la storia della coperta corta: se tiri di qua, ti scopri di là. Bisognerebbe fare in modo che Chianese e Fofana ne buttassero dentro due a partita, mentre Mazzoni e Figliomeni dovrebbero giocare sui livelli di Buffon e Cannavaro al Mondiale di Germania. L'unica costante è che sulla graticola ci finisce sempre l'allenatore. Ricordando il destino di Cari e di (quasi) tutti quelli che l'hanno preceduto, consigliamo a Semplici di dedicare due ore al giorno alla preghiera per ingraziarsi San Cornelio, il protettore dei comuni mortali amaranto.
I come incontro. Sulla via del ritorno, ci fermiamo in autogrill per cenare e perché devo scrivere i pezzi da mandare al giornale. Al ristorante c'è tutto il Perugia, di rientro da Busto Arsizio con un 2-0 sul groppone. Saluto Bondi, il portiere Benassi (sposato con un'aretina), i due autisti e Fabio Gatti, che debuttò in serie A grazie a Cosmi, il quale gli impose di portare la maglia numero 44 perché la gente lo avrebbe ricordato meglio... I tifosi del Perugia sono incazzati neri e Gatti mi confessa: “Non so che dire, in due partite non abbiamo fatto un tiro in porta”. Penso all'Arezzo e mi convinco che è proprio vero: c'è sempre chi sta peggio di te.
M come Mazzoni. Gli devo delle scuse. In pagella gli ho dato solo sei e mezzo, poi ho rivisto la parata che ha fatto su Radi, nel primo tempo, e ammetto che avrei dovuto dargli di più. Provvederò.
O come ocio. I nostri vecchi dicevano che a l'ocio ngordo gne schiantò l gozzo. Ai miei amici di Colcitrone, convinti di fare il cappotto, gliel'ho ripetuto per tutta la settimana, ma loro pensavano che parlassi così, tanto per zullare. Il mio avvertimento non è stato preso in considerazione e adesso versano lacrime di coccodrillo. Intanto Vannozzi, che a giugno era VVannozzi, è diventato semplicemente annozzi.
P come pullman. Sorpresa all'arrivo allo stadio “Ossola” di Varese. Davanti ai cronisti e a un capannello di persone sul piazzale, transita un torpedone dai colori improbabili che infila il cancello d'ingresso al piazzale interno. “E' l'Arezzo” dice uno. “Impossibile, l'Arezzo ha il mezzo personalizzato, con tanto di logo e skyline della città sulla fiancata” risponde il vostro cronista. Poi mi torna in mente che qualche ora prima, nel post cena propiziatoria di Sant'Andrea, avevo incontrato l'autista del pullman che di solito portava la squadra in trasferta. “L'Arezzo ha cambiato compagnia” mi aveva detto, ma io, con la musica a palla nelle orecchie, il limoncello in mano e un gruppetto di quartieriste su di giri poco distanti, francamente non avevo capito se scherzava o diceva sul serio. Solo lì, a Varese, ho ricollegato il tutto. E ho realizzato che con un pullman brutto a quel modo, vincere sarebbe stata dura. Infatti...
Q come quattrotreunodue. Il modulo utilizzato dall'Arezzo fino ad oggi, con il rombo a centrocampo, il trequartista e le due punte. Siccome Erpen sta facendo fatica e il gioco, obiettivamente, non sgorga fluido come si sperava, a Semplici stanno arrivando diversi inviti, più o meno velati, a ridisegnare la tattica. Accantonare dopo tre giornate uno come Erpen, che da trequartista ci ha giocato una vita, sarebbe come bocciare uno studente perché ha qualche 5 in pagella dopo il primo quadrimestre. Io e miei compagni di banco, che al liceo emergevamo alla distanza, spinti dalla necessità di non rovinarci l'estate, con questo metodo barbaro avremmo passato tanti luglio e agosto sopra i libri di matematica.
R come ricordi. L'ultima volta che ero stato a Varese risaliva al 2001. L'Arezzo di Cabrini vinse 3-2 in rimonta. Fece gol un certo Mario Frick, poi siccome la legge dell'ex ci segava le gambe già allora, il Varese ribaltò il punteggio con Gallo e Foglia (chi se li ricorda?). Dopo il novantesimo, con un colpo di coda da urlo, segnò prima Campofranco di testa e poi Ricchiuti, che si mise a saltellare come un grillo e Frick dietro che gli faceva il verso. E' una di quelle partite che non sono passate alla storia, ma che mi sono rimaste nel cuore.
S come sicurezza. Lo stadio di Varese non è sicuro. L'ingresso dei distinti, dove sono sistemati i tifosi di casa perché la Nord è inagibile, è pericolosamente vicino a quello del settore ospiti. Siccome costruire un nuovo ingresso costa una balla di soldi, il Varese calcio e il Comune stanno cercando di scaricare l'uno sull'altro la spesa da pagare. Nel frattempo, per preservare la sicurezza dei millecinquecento indigeni che vanno alla partita, ai tifosi di fuori viene vietato il viaggio a Masnago. Le autorità fanno bene, perché vi assicuro che domenica allo stadio si respirava un autentico clima da guerriglia, con facinorosi che sbucavano da ogni angolo di strada e teppisti armati di coni gelato, bicchieri di coca cola e giornalini in distribuzione omaggio. Ci fossero stati cinquanta aretini sugli spalti, sarebbe scoppiato il finimondo...
T come telecamere. Ad Arezzo quelli della questura hanno piazzato l'occhio elettronico, che tutto vede e tutto controlla, in cima a un palo sistemato davanti alla tribuna centrale. Così quando le altre telecamere, quelle delle tivù, riprendono la partita, si trovano in mezzo il fastidioso e inopportuno ostacolo. A Varese, al contrario, l'occhio elettronico l'hanno appeso alla tettoia che copre la tribuna. E lassù non dà noia a nessuno. Geni loro o poco pratici noi? Un'idea ce l'avrei.
U come undici. I gol segnati in Arezzo-Sorrento dell'anno scorso. Finì 6-5, fu una bellissima partita, la gente allo stadio si divertì come non accadeva da anni, Matute firmò il gol decisivo all'88esimo eppure, sui giornali del lunedì, a tenere banco furono le dichiarazioni del presidente Mancini, che mise Cari alla berlina e si lamentò come se Matute avesse segnato nella sua porta. Lunedì rivà in scena Arezzo-Sorrento e l'augurio è che finisca come a gennaio. Stavolta, considerando il contesto, il 6-5 potrebbe accontentare anche i palati fini.
V come V (cioè cinque). Oppure V come Vedovini. Anzi, VVedovini.
Z come zibaldone. Prossima trasferta, Cremona. Stadio “Zini”, uno dei pochissimi dove non ho mai messo piede.
scritto da: Andrea Avato, 08/09/2009
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