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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Jacopo e Giulio davanti al Partenone di Atene
NEWS

Arezzo non si rassegna. Bandiere, cori e striscioni in attesa della partitissima di giovedì

Seicento persone allo stadio per l'amichevole contro il Fano, tutte raccolte in tribuna come accadeva ai tempi bui dei dilettanti (dove nessuno vuole tornare). Malessere, delusione, rabbia, speranza, orgoglio mischiati insieme, maledicendo chi continua a disegnare scenari impossibili a Londra e a Malta e applaudendo chi, come Pavanel, si sta meritando un affetto e una riconoscenza che non svaniranno mai



L’Arezzo non muore: questo è il testo dello striscione esposto dai gruppi organizzati ieri. E' il motto scelto da Orgoglio Amaranto per la sottoscrizione popolare, è il messaggio inviato dal Città di Arezzo ed è l’urlo, fiero e determinato, dei presenti in tribuna ieri pomeriggio. A proposito di tribuna, per chi è abituato a stare allo scoperto della curva sud, questa ha purtroppo evocato i tempi bui dei campionati nei dilettanti, nella speranza di non dover rivivere altri anni simili, se non peggiori. In attesa della partita più importante, eppure, chi all’Arezzo ci tiene davvero ha fatto il biglietto, e magari anche questa è stata una novità, si è accomodato proprio lì in tribuna, ha cantato e ha sventolato sciarpe, due aste e bandiere solo per il gusto di rivedere, finalmente, gli amaranto in campo, anche se in amichevole, e con la consapevolezza di contribuire ancora un pochino a fare cassa.

Un po’ troppo poche, forse, le circa seicento presenze di ieri per poter dare un segnale forte di vicinanza alla squadra della propria città, ma chi c’era ha comunque provato a cantare anche per gli assenti e a dimenticarsi delle tante angosce: un’ora e mezza di stadio per scordarsi gli ultimi mesi di sofferenza e di prese in giro; un coro, quello sulle note di “don’t worry, be happy” andato avanti per parecchi minuti, nel tentativo di esorcizzare un mare di preoccupazioni circa il destino della nostra squadra del cuore; i cori contro i principali responsabili del nostro calvario, invece, sono serviti e serviranno ancora, chissà, per riversare fuori almeno un po’ di quella bile che tanto ci monta dentro e ci logora.

 

 

E allora chissenefrega se era solo un’amichevole ininfluente, chissenefrega se il tabellino dice che abbiamo perso, chissenefrega se non abbiamo segnato, chissenefrega se abbiamo ancora una volta fatto i conti con i legni e la sfortuna… Oggi non c’era altro da chiedere se non riabbracciare una squadra che non vedevamo all’opera da Pontedera e che non rigiocava in casa da un mesetto. Almeno ci siamo bevuti un paio di birre e di borghetti in compagnia come non accadeva già da troppo tempo e ci siamo stretti attorno a un gruppo di giocatori e a un allenatore che meriteranno il nostro appoggio comunque vada a finire questa convulsa storia.

E mentre a Roma, in una sorta di mondo parallelo, sparlano ancora senza vergogna di finte cessioni, scatole vuote, fondi stranieri inesistenti, fantocci, quote e soldi che non vedremo e non vedranno mai, noi nel mondo vero, nella nostra città, quella in cui viviamo e ci muoviamo, portiamo avanti la nostra battaglia e proseguiamo sulla nostra strada, sicuramente più genuina e credibile: è una sorta di faccia a faccia tra chi prova a salvare il salvabile e chi cerca di affossarci definitivamente, ma ricordate: “se ci volete morti, dovrete passare sui nostri corpi”. Noi non molleremo, non facciamo più compromessi e ve la faremo pagare, anche dovessero passare gli anni: chi ci ha ridotto così non potrà uscirne pulito.

 

Nel frattempo, attacchiamoci alle uniche certezze: Orgoglio Amaranto, i dipendenti, la squadra e soprattutto il mister, sempre più apprezzato e osannato. Ieri gli applausi più convinti sono stati per lui, i cori più alti, oltre a quelli contro gli innominabili, recitavano il suo nome. Pavanel ha fatto da collante tra i vari mattoncini che costruiscono l’organico oltre che tra squadra e società; praticamente da solo, ha dovuto fare da padre, da maestro, da psicologo, da allenatore, da motivatore, da dirigente e da diplomatico, districandosi in una matassa più grande di lui e di chiunque altro fosse stato al suo posto. Ai microfoni afferma di voler dare di più per i tifosi e per la piazza, ma la verità è che da quando è arrivato non ha sbagliato un colpo.

Speriamo di ripartire da te, mister, e in ogni caso grazie. Speriamo di ripartire dal capitano e che ci possa regalare altri colpi di classe e altri gol per cui esultare insieme. Speriamo di ripartire dal gladiatore Sabatino, dal metronomo “Beppe” De Feudis e da tutti gli altri. Speriamo di ripartire a Viterbo, più motivati che mai. Il nostro prossimo futuro non passa dal rettangolo verde ma da un’aula di tribunale, dove giovedì dovremo conquistare i tre punti più importanti della stagione. Noi vogliamo questa vittoria.

 

scritto da: Luca Amorosi, 11/03/2018





Arezzo-Fano 0-1, intervista a Massimo Pavanel

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