SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Le Forche di Arezzo
Prendendo in considerazione il lungo arco temporale che va dal Duecento alla fine del Settecento, esistono tre luoghi della città dove furono adempiute la maggior parte delle esecuzioni. Il 30 novembre 1786 il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo di Lorena promulgò l’articolo LI della Legge di Riforma Criminale. Di fatto fu il primo sovrano al mondo ad abolire la pena di morte. In ricordo di quel momento epocale, nel 2001 la Regione istituì la “Festa della Toscana”. Prima di allora, dove venivano eseguite le condanne capitali ad Arezzo?
TweetIl 30 novembre 1786 il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo di Lorena promulgò l’articolo LI della Legge di Riforma Criminale. Di fatto fu il primo sovrano al mondo ad abolire la pena di morte. In ricordo di quel momento epocale, nel 2001 la Regione istituì la “Festa della Toscana”.
Prima di allora, dove venivano eseguite le condanne capitali ad Arezzo? Prendendo in considerazione il lungo arco temporale che va dal Duecento alla fine del Settecento, esistono tre luoghi della città dove furono adempiute la maggior parte delle esecuzioni.
Il primo si trova sul lato nord di piazza Sant’Agostino, dove si dipanano via della Minerva a destra e via de’ Mannini a sinistra. Fino al 1936 qui c’era la piazzetta delle Paniere, così chiamata per via delle ceste e dei canestri che si vendevano durante il mercato. La zona era utilizzata nel Duecento per eseguire le condanne a morte. L’area del supplizio rimaneva subito fuori della cerchia muraria terminata intorno al 1200. Quest’ultima riaffiorò in parte durante i lavori di riassetto urbanistico che interessarono questa parte di città negli anni Trenta del secolo scorso.
Con il rifacimento di piazza Sant’Agostino, è stata sistemata anche la piazzetta, tornata a essere distinta, sopraelevata rispetto alla piazza principale e riportata in piano con un nuovo muro in pietra.
Dal XIV al XVI secolo le condanne furono spostate nella parte bassa dell’odierna via Madonna del Prato. La strada trae il nome da una maestà e da una chiesetta che sorgevano nella zona, non a caso dette anche della “Madonna del Prato della Giustizia”. Il prato non era altro che un campo di proprietà del Comune di Arezzo situato dove oggi corre il primo tratto di via Guido Monaco, dalla stazione alla piazza dedicata all’inventore delle note musicali.
Il condannato a morte, prima di raggiungere un patibolo permanente, veniva fustigato e portato in giro per la città per essere esposto al pubblico ludibrio. Alla Madonna esposta all’interno dell’edicola sacra poteva affidare le sue preghiere, la sua assistenza spirituale era invece assegnata alla Compagnia di San Giovanni Decollato, che nell’area aveva la propria sede.
La maestà venne distrutta nel Settecento, tuttavia la statua della Madonna secondo alcuni si salvò ed è stata identificata con quella ancora ammirabile sulla parete sinistra della chiesa di San Bernardo. La pregevole opera in pietra policroma della seconda metà del XIV secolo è documentata nella chiesa olivetana già nell’Ottocento, ma nell’ultimo dopoguerra fu trasferita nella vicina chiesa di San Jacopo, oggi demolita, per tornare nel 1956 nell’edificio religioso di via Margaritone. Si tratta di un mirabile esempio di arte franco-renana per alcuni studiosi o di produzione senese con influssi d’oltralpe per altri.
Il terzo luogo che prendiamo in esame è il cosiddetto Crocifisso delle Forche, località situata dove si incontrano via Mochi, via della Chimera e via Setteponti. Qui nel Seicento e nel Settecento erano state trasferite le esecuzioni, allontanando così il macabro spettacolo dal centro cittadino.
Da Porta San Lorentino, detta a quei tempi anche “Porta Fiorentina delle Forche”, uscivano i condannati e la processione che li accompagnava. La sfilata raggiungeva il patibolo dove era presente anche un grande crocifisso al quale i disgraziati si rivolgevano, in cerca dell’assoluzione divina per i misfatti commessi.
A ricordo di quel triste luogo oggi è visibile una croce di ferro fissata a un basamento di pietra, al centro del trivio, recante i simboli della passione di Cristo.
scritto da: Marco Botti, 11/12/2009
Tweet