SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Eroe di gioventù, maestro d'eleganza, giocatore completo. Ciao Vittorio, hai scritto la storia
L'anno 1964, un'età spensierata e l'arrivo del trenino da Forlì, regalo alla città di Mario Lebole, appena sbarcato nella società di Simeone Golia. Tra i cinque neoacquisti c'è anche Zanetti, destinato a conquistare da protagonista la prima, indimenticabile promozione in serie B. Tecnica sopraffina, corsa, intelligenza, un vero signore: cento presenze e un gol in amaranto non si possono cancellare, nemmeno di fronte a una morte assurda
TweetQuando Vittorio Zanetti arrivò in città, col trenino da Forlì, l’anno 1964 correva da matti perché avevo quattordici anni e, a quell’età, si può impazzire dietro un pallone. Per la verità, a sragionare con Eupalla avevo cominciato da tempo, visto che mi ero invaghito della Fiorentina campione d’Italia e già potevo vantare anni di militanza nel tifo amaranto, tra il vecchio Mancini e il Comunale nuovo fiammante. Quel convoglio da Forlì fu il regalo alla città di Mario Lebole. Appena sbarcato nella società di Simeone Golia, il commendatore non poteva esimersi dal dare un contributo all’altezza del personaggio e di un’Azienda, che vestiva in Lebole l’uomo d’Italia.
Tempi d’oro come la città, erano quelli per Arezzo, che si era giovani e si cresceva a livelli cinesi con una gran voglia di vivere e una incrollabile fiducia nel domani. Insomma era proprio un’altra epoca, quando Vittorio Zanetti scese alla stazione di Arezzo con quattro compagni: il portiere Genero, il tornante Gerardi, il fantasista Ceccotti e l’attaccante Ferrari. A ruota seguì Picci, perché allora il libero era necessario come il pane, secondo la tradizione italica di un calcio che fu e che non è mai troppo rimpianto.
Tra quei cinque vagoni c’erano una fregatura (Genero), due ottimi giocatori e due veri gioielli: Enzo Ferrari e lui, Vittorio Zanetti. Di quell’Arezzo finito per un pelo alle spalle del Pisa l’anno precedente, che conquistò la prima, indimenticabile promozione in serie B nella stagione 1965/66, Zanetti fu un titolarissimo e quella formazione andrebbe imparata a memoria, per acquisire la patente di tifoso doc al Museo del Turchi. Eccola, giusto per un ripasso per chi volesse affrontare l’esame: Ghizzardi, Tellini, Bonini, Picci, Chesini, Del Negro, Flaborea (Gerardi), Zanetti, Meroi, Bernasconi, Ferrari, così come la metteva in campo il suo valoroso condottiero, Cesare Meucci. Ricordo che sugli spalti, per la festa della promozione, si stava pigiati come sui pullman della carovana, il giorno dell’esodo biblico del popolo amaranto in quel di Carpi. Era il 15 di maggio del 1966, una data da scolpire nel ricordo.
La domenica dopo il papà di Bobo, trequartista sublime del Prato che ci fece sudare l’impresa, ci guastò la festa in un Comunale strapieno, con un 1-3 figlio della sua classe, ma soprattutto di una settimana di bagordi per capitan Meroi e la sua truppa. Vittorio Zanetti, cento partite in amaranto, fu un eroe di quella stagione, per me la più bella di quante ne ho vissute in sessant’anni di militanza, prima da tifoso e poi da giornalista. Aveva tecnica sopraffina, corsa, intelligenza, eleganza ed era un vero signore. A lui in quell’Arezzo faceva da bilancia e da contraltare un moro arcigno e plebeo, il mancino friulano Del Negro, perché in campo non si può esagerare in signorilità.
Sei stato un centrocampista completo, uno dei più bravi che ho visto giocare in maglia amaranto. Sapevi cucire il gioco, come Litrico i vestiti dell’uomo in Lebole e avevi un solo difetto: eri allergico al gol. In cento partite con l’Arezzo, di te ne ricordo uno solo. Un’altra volta, però, ci andasti vicino. Si giocava col Palermo al Comunale in serie B e, dal tuo piede destro, partì un’autentica bomba che andò a stamparsi sulla traversa, inspiegabile per uno come te, che accarezzavi il pallone anche quando, due volte all’anno, tiravi in porta. Ma avevi compagni come Flaborea, Ferrari e Meroi i quali, in questo, ti compensavano alla grande. Saresti stato perfetto per il gioco corto di Viciani e, oggi, saresti una stella di prima grandezza col tiki taka che impazza, ma nessuno sceglie il giorno in cui nascere, o morire.
Il destino che ci fece incontrare mezzo secolo fa per regalarci un sogno, oggi si è vendicato con te Vittorio e con noi, che abbiamo il cuore tinto d’amaranto testimoni, nostro malgrado, di un tempo migliore. La tua fine assurda ha reso infinitamente triste una giornata propizia ai colori amaranto che appartiene anche a te, perché la storia non si cancella e la memoria continua ben oltre questa domenica vittoriosa e triste.
scritto da: Giorgio Ciofini, 29/01/2019
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