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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
saluti da Parigi da parte di Carlo
NEWS

Bello e disattento, vivace e in affanno. Le due facce dell'Arezzo, i correttivi che servono

Dalle rimonte al passivo alla tendenza a vanificare quanto di buono costruito con il gioco: la squadra crea, segna, domina ma poi, per disattenzioni e sbadataggine, rimette tutto in discussione. Anche a Chiavari, nonostante una superiorità eclatante per settanta minuti, ha corso il rischio di pareggiare una partita già vinta. E allora bisogna studiare qualche contromossa per gestire meglio gli ultimi minuti: rinunciare al trequartista, passare al 3-5-2, fare densità a metà campo. Unire fantasia e pragmatismo sta diventando indispensabile



Arezzo bello e spumeggiante. Arezzo disattento e in affanno. Nemmeno il ritorno alla vittoria cancella del tutto l'ambivalenza della squadra amaranto, una caratteristica strutturale già emersa ma particolarmente avvertita in questa fase della stagione, complici le tre rimonte consecutive patite da inizio febbraio e il cuore in gola che non ci siamo fatti mancare nemmeno a Chiavari, nonostante una schiacciante superiorità manifestata per oltre 70 minuti nei confronti della squadra di Bellucci. Ecco, la gara contro l’Albissola è stata in qualche modo paradigmatica dei pregi e dei difetti dell’undici allenato da Dal Canto.

 

 

Per oltre un’ora abbiamo aggredito l’avversario, tenuto in mano il gioco con assoluta sicurezza, comandato la manovra a centrocampo, concluso in porta una quantità di volte e solo le prodezze del portierino ligure hanno evitato che lo score diventasse largo oltre misura. Poi, con la squadra “nemica” ormai sulle gambe, capace solo di mettere in gioco il proprio orgoglio ma non una manovra strutturata e decente, ecco il pasticcio, ecco la ricerca della palla giocata a tutti i costi, il calo di attenzione che riapre la sfida. Può capitare, capita anche a gente con maggior esperienza dei nostri e in campionati di bem altra levatura, quindi niente di drammatico; se non fosse che a quel punto l’atteggiamento in campo cambia radicalmente.

 

il 2-2 mancato da Gargiulo nella partita di ChiavariLa sicurezza diventa timore, il centrocampo non tiene più e si perdono metri e possesso. La squadra si allunga e di palle giocabili là davanti se ne costruiscono poche anche perché magari Serrotti e Foglia cominciano ad andare in riserva. Ed è un vero peccato perché gestire queste fasi diventa determinante d’ora in avanti, perché ogni punto vale doppio. Nella certezza che lo staff tecnico sa bene come e cosa fare, dove e quando andare ad intervenire, provo a buttare là alcune supposizioni. Niente di che, giusto per ragionarci sopra e lenire così quel dolore che ti prende alla bocca dello stomaco in quei finali che rischiano di compromettere quanto di bello e di buono (ed è tanto) i nostri sanno produrre.

 

 

Per esempio, posto che il nostro è un modo di giocare bello ma dispendioso, una volta messa la freccia si potrebbe pensare a gestire il vantaggio, quando il fiato scema, magari rinunciando al trequartista e infittendo il centrocampo. Oppure ricorrere alla stazza da corazziere di Burzigotti per presidiare gli ultimi sedici metri e scalare sul 3-5-2 che può essere anche tanto propositivo (senza scomodare l’ex Antonio Conte segnalo anche l’efficiente gestione di partita organizza dal “Cholo” Simeone solo due giorni fa), consentendo insieme di aumentare la “densità” in mezzo al campo. Insomma qualcosa bisognerà inventarsi, perché dilapidare certe lunghe fasi di dominio appare delittuoso a prescindere dalle prospettive di classifica, un argomento che continuo a considerare un tabù da andare a vedere solo a fine aprile.

 

mister Dal Canto in panchina ad ArzachenaQuesto Arezzo che costruisce gioco e palle gol, nel quale c’è un giovanotto di 35 anni che sembra averne dieci di meno e insegna calcio su e giù per l’Italia, che vanta un centravanti “spurio” che unisce tecnica, generosità, applicazione e fame di successo, che ha fatto sbocciare talenti che in tanti ci invidiano, può continuare a farci sognare. Tocca al mister unire fantasia e pragmatismo, cuore e cinismo. Viene (fin da ragazzo) da una scuola che è maestra nel mettere al centro del proprio pensiero il concetto base del gioco più bello del mondo: vincere. Non è e non deve essere un dovere, ma può essere il migliore dei piaceri.

 

scritto da: Paolo Galletti, 22/02/2019





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