SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Mezze sconfitte per tutti, la droga dei risultati, il fervore di un anno fa. Come cambia l'Arezzo
Sciolto il consiglio d'amministrazione di cui facevano parte i soci fondatori della Ss Arezzo, adesso il presidente è l'unico responsabile della gestione. Una svolta che incide poco dal punto di vista formale per la vita della srl e che per certi versi ne semplifica la conduzione, ma che ha un valore sostanziale. La spinta verso un calcio condiviso, un anno fa nei cuori di tutti gli sportivi, sembra essersi affievolita. Sta a Giorgio La Cava, l'uomo che ha messo entusiasmo, passione e soldi in una causa che sembrava persa, resistere alla tentazione di sfidare il mondo del calcio in un rusticano uno contro tutti
TweetDa un punto di vista formale, cambia poco o niente: prima l'organo di governo della Ss Arezzo era collegiale, adesso è monocratico. Prima c'era un consiglio d'amministrazione formato da tre membri, che coincidevano con i fondatori della società, adesso c'è un amministratore unico. La srl va avanti lo stesso, speriamo senza più scossoni e fibrillazioni.
Da un punto di vista sostanziale, al di là della serenità emersa (che non guasta mai) durante le ultime due riunioni, quest'epilogo è una mezza sconfitta per tutti. Diciamo mezza perché La Cava e Anselmi, le cui divergenze erano note, ottengono ciascuno un rispettivo (e contrapposto) obiettivo: guidare la società in più completa autonomia e svincolarsi da una gestione non più condivisa.
Entrambi avevano delle ragioni a sostegno dei propri argomenti e proprio per questo sarebbe stato producente per tutti, specialmente per noi comuni mortali, se le differenti vedute dei due azionisti si fossero ricomposte dentro una stanza. Non è successo e anzi, il dibattito pubblico dell'ultimo periodo si è ridotto quasi esclusivamente a chi deve pagare cosa, quanto e come, con una impostazione ideologica, barbara e sciocca secondo cui bisognava stare di qua o di là dalla barricata, come se non esistessero le sfumature.
La mezza sconfitta collettiva sta nel fatto che il fervore che scuoteva cuori e coscienze un anno fa, quando eravamo a un passo dalla radiazione, dall'Eccellenza, dal disastro, è già passato nel dimenticatoio. La droga dei risultati e la tentazione irresistibile del tutto e subito ci ha corrotto un'altra volta e pur di vincere il campionato, fra tre anni secondo il progetto originario ma anche subito se possibile, saremmo disposti a ogni cosa.
Il discorso è generale e non riguarda solo La Cava, Anselmi, OA, l'Arezzo, noi, quanto un certo tipo di approccio al calcio che è duro a morire e che non ci siamo mai scrollati di dosso veramente. Durante la battaglia totale ci eravamo ripromessi a vicenda, dal sindaco al tifoso di curva, dall'imprenditore al giornalista, che se mai avessimo avuto un nuovo presidente, avremmo dovuto aiutarlo a non restare solo; che se avessimo avuto una nuova società, avremmo dovuto spingere per una rappresentanza aretina in modo da renderla più forte e radicata; che se avessimo avuto una nuova squadra, avremmo dovuto valorizzare il lavoro svolto da Orgoglio Amaranto, grimaldello prezioso perfino in tribunale.
Ce lo ripetevamo come un mantra perché in quei giorni, col culo stretto, l'esercizio provvisorio, i curatori fallimentari e via penando, sapevamo che tutto ciò ci avrebbe consentito di non reimboccare il sentiero tortuoso che prima o poi rischia di riportarci sul ciglio del burrone, come accade a tante società, da nord a sud, specialmente in serie C.
Sono passati dodici mesi e la sensibilità generale è mutata. Anzi, quasi ribaltata. Oggi sappiamo che l'esercizio chiuderà in perdita di un milione e mezzo di euro (circa) ma va bene lo stesso perché c'è il sogno/miraggio della promozione e in questa categoria funziona così, anzi c'è chi sta messo peggio di noi. I soci fondatori della Ss Arezzo preferiscono sciogliere il consiglio d'amministrazione (dove ognuno valeva uno e c'era un minimo di democrazia collegiale) e nessuno si allarma, anzi meno male. Orgoglio Amaranto esce dal cda come successe con Ferretti (lì, a onor del vero, in maniera coatta, cruenta e immotivata dopo lo pseudo caso Abete) e va beh, fa lo stesso.
Il senso del discorso è di principio, intendiamoci. La Cava finora ha portato avanti il suo lavoro con entusiasmo, passione e tanti soldi, in modo sempre puntuale. Ha investito quasi alla cieca, offrendo una speranza concreta a una società che non si sapeva se avrebbe avuto un domani. La gente queste cose non se le scorda (giustamente) e difatti lo applaude con affetto prima di ogni partita. Ma non è questo il punto. Il punto è che anche Giorgio La Cava ha il diritto/dovere di non sfidare il mondo del calcio in un rusticano uno contro tutti. L'altra sera, dopo l'assemblea dei soci, sul profilo social dell'Arezzo abbiamo letto che il presidente è andato a cena per ''festeggiare'' la nomina a amministratore unico, laddove ''festeggiare'' non era forse il verbo più indicato. Resista alla tentazione dell'uomo solo al comando, almeno lui, e ne saremo ancora più rassicurati.
scritto da: Andrea Avato, 28/03/2019
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