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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Giacomo detto Lallo a Gallipoli
NEWS

Arezzo 2023. L'anno del centenario e una strategia da costruire: un calcio diverso è possibile

Stagione 2018/19, un milione e mezzo (circa) di sbilancio fra entrate e uscite. Tante risorse concentrate sulla prima squadra, poche su tutto il resto: come un libro con una copertina bellissima e le pagine interne completamente bianche. Eppure c'è un trampolino da sfruttare: fra quattro anni la società taglierà un traguardo storico da sfruttare bene, coinvolgendo sponsor e imprenditori con un progetto preciso, costruendosi finalmente il paracadute di giovanili e strutture. Se non siamo mai stati in A, dev'esserci un motivo. Ma non è detto che in A non si possa andare mai



Stagione 2018/19: un milione e mezzo (circa) di sbilancio fra entrate e uscite. Soldi che gli azionisti dovranno cacciare fuori di tasca per iscrivere l'Arezzo al prossimo campionato. La società nata appena un anno fa, limpida e pulita, si è già sporcata un po' il vestito. E' normale, è fisiologico per chi deve fare calcio con un minimo d'ambizione.

Al presidente Giorgio La Cava soprattutto va reso il merito di aver messo/buttato/investito soldi in un club, una piazza, una città che non erano suoi e verso cui non aveva alcun obbligo. L'ha fatto senza coercizioni di sorta, per assecondare una passione e, nel medio/lungo periodo, per avere un qualche ritorno economico e risultati sul campo.

Diciamo che però ha imboccato la strada classica, quella più semplice, più dritta e più pericolosa: tante risorse concentrate sulla prima squadra, poche su tutto il resto. E' una colpa relativa, perché fare il sold out allo stadio, vincere un play-off, sognare la B porta entusiasmo, adrenalina, emozioni. Però è come un libro con una copertina bellissima e le pagine interne completamente bianche.

Questo circolo vizioso è apparentemente infinito: la gente vuole vincere per godersi uno spettacolo all'altezza, i presidenti vogliono vincere per la gloria e per non rimetterci soldi, l'ambiente vuole vincere per riscatto sociale e tutti inseguiamo il risultato, da catturare il più in fretta possibile. Il resto passa in secondo piano.

 

il presidente Giorgio La CavaIn questa sorta di all-in continuo, o imbrocchi la stagione magica in cui gira tutto per il verso del pelo, vai di sopra e ti godi la vita da cicala, oppure spari diversi colpi il primo anno, cominci a rallentare, poi ti fermi e muori. Di esempi in tal senso ce ne sono a bizzeffe, anche qui da noi dove le formiche non sono mai andate di moda. 

Dodici mesi orsono toccammo con mano cosa voleva dire ondeggiare sull'orlo del burrone senza un paracadute: prima squadra, giovanili, strutture, impianti, non avevamo niente e quel poco (molto) era solo l'attaccamento di gente che tiene l'Arezzo sul cuscino, come una delle cose più importanti della propria vita.

Quindi, ci serve il paracadute per non sentire più che gli imprenditori locali sono cattivi, che nessuno aiuta l'Arezzo, che non può essere solo il presidente (chiunque esso sia) a portare in giro la baracca. Ma per costruire il paracadute occorrono tempo, pazienza, lungimiranza e una strategia. Non si può improvvisare e procedere a tentoni.

Se l'Arezzo va dagli sponsor e chiede un obolo, quello avrà. Per un anno, due, tre, poi basta. Perché UnoAErre o Euronics o Estra devono dare soldi a fondo perduto all'Arezzo e poi sentirsi sotto accusa perché l'obolo è poca roba? Perché un imprenditore deve acquistare una fetta di quote sociali, finanziare la società, non avere voce in capitolo su nulla e magari prendersi pure del morto di fame se alza il dito per muovere un appunto? Non c'è un motivo logico, infatti non succede o succede di rado.

 

La strategia serve a ovviare a questo intoppo, a offrire una motivazione, un progetto, un obiettivo a chi potrebbe sostenere finanziariamente la società di calcio e tutto quello che c'è dietro, dato che il pallone resta uno straordinario catalizzatore di attenzioni, sentimenti e interessi. L'Arezzo avrebbe anche un bel marchio da promuovere e su quello far convergere sforzi e iniziative: il centenario.

Nel 2023 la società taglia un traguardo epocale e il 2023 eccolo, calcisticamente è dietro l'angolo. Su questo bisogna puntare, su un appuntamento che è abbastanza vicino ma pure abbastanza lontano per consentire un'adeguata programmazione

Quattro anni per convogliare le risorse delle sponsorizzazioni sulla riqualificazione del centro sportivo e dell'antistadio, sull'omologazione dei terreni di gioco, sulla ristrutturazione vera del settore giovanile, offrendo a quei cattivoni degli imprenditori nostrani un target preciso da raggiungere, senza più contributi una tantum che vanno e vengono.

Quattro anni per allargare la base sociale della Ss Arezzo, perché il 2023 dovrà essere una grande festa di popolo, con la società a fare da capofila.

La prima squadra non va trascurata, resta la copertina del libro, ma dentro dev'esserci qualcosa da leggere e dev'essere una lettura interessante, non quattro scarabocchi senza senso. Servono le persone giuste, le idee giuste, servono un po' di soldi, serve entusiasmo, serve una struttura che funziona, ma non è impossibile. E non è vero che la gente si scogliona se non va in B. La gente si scogliona se vede che non c'è nulla più dell'ordinaria amministrazione, del solito cliché di calcio dispendioso e senza prospettive. 

Il centenario viene una volta sola, bisogna giocarselo bene. E sfruttarlo come trampolino per cambiare il trend in questa città. Se non siamo mai stati in A, dev'esserci un motivo. Ma non è detto che in A non si possa andare mai.

 

scritto da: Andrea Avato, 13/06/2019





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