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Tifosi diffidati un anno fa. Il Tar dà loro ragione: quattro Daspo da annullare

Il Tribunale amministrativo regionale di Perugia ha accolto il ricorso presentato da alcuni sostenitori amaranto che si erano visti interdire l'accesso alle manifestazioni sportive per due anni. I fatti risalgono al gennaio del 2011, quando a Ponte San Giovanni andò in scena una sorta di schedatura collettiva, con gli aretini in trasferta filmati dalla telecamera della Questura e il documento d'identità in bella vista. Secondo i giudici, nel comportamento delle persone incriminate mancano i presupposti dell'incitamento alla violenza



i tifosi dell'Arezzo a Ponte San Giovanni nel gennaio 2011Sabato 15 gennaio 2011, campionato di serie D. L’Arezzo gioca a Ponte San Giovanni, alle porte di Perugia, e fa 1-1: gol di Recchi e pareggio di Fioretti in zona Cesarini. Ma ciò che accade in campo, con un rigore reclamato da Fei e non concesso dall’arbitro Chiavaroli di Pescara, passa in secondo piano rispetto al contorno. I cento tifosi amaranto in trasferta subiscono un trattamento insolito e molto severo: le forze dell’ordine perquisiscono, controllano, verificano con un fervore sproporzionato rispetto al clima sugli spalti. A fine match tutti gli aretini, giovani e persone di mezz’età, uomini e donne, appartenenti ai gruppi organizzati e non, vengono filmati con la telecamera e invitati a mostrare il documento d’identità. Una sorta di schedatura collettiva che lascia tanta gente basita per l’ostilità toccata con mano. Poi, il 21 marzo, dalla Questura di Perugia ci vanno giù pesante e arrivano le diffide, quasi tutte di un paio d’anni. Colpa di un coro contro i Carabinieri e di un paio di striscioni ritenuti inneggianti alla violenza.
Quel pomeriggio, in realtà, è l’ultimo atto di un periodo burrascoso per i rapporti tra tifosi dell’Arezzo e forze dell’ordine di Perugia e, stando alle voci, anche tra le Questure delle due città. Le ultime partite giocate dagli amaranto al “Curi”, in B e in C1, avevano fatto registrare picchi di tensione altissimi. C’era stato il clamoroso episodio di Foligno, nell’ottobre del 2009, con un agente fuori servizio sospettato di aver partecipato alla sassaiola contro il torpedone di auto degli aretini che tornavano a casa. E anche qualche decisione per la salvaguardia dell’ordine pubblico aveva creato polemiche feroci: ai tifosi amaranto era stato impedito, nell’ottobre del 2010, di recarsi a Castel Rigone perché lo stadio era troppo piccolo. Qualche mese dopo invece i tifosi del Perugia avrebbero avuto l’ok per andarci in più di mille. Due pesi, due misure. E il confine tra Umbria e Toscana come una sorta di scavallamento verso un’antipatia evidente.
Il giorno di Pontevecchio-Arezzo, dunque, si sa già che il minimo sgarro verrà punito severamente. Così accade. Il Daspo arriva due mesi più tardi, motivato da un coro e soprattutto da due striscioni: “la legge non ci fa paura, lo Stato non ci fermerà” e “Diffidati, dai ragazzi la Fossa è con voi”. Nessuna delle due scritte era stata autorizzata, dunque scatta il divieto di assistere alle manifestazioni sportive. Quattro tifosi non ci stanno e ricorrono al Tar, assistiti dall’avvocato Lorenzo Contucci di Roma, uno dei massimi esperti di legislazione da stadio. Ieri la sentenza: ricorso accolto, provvedimento annullato. 
I due striscioni incriminati, motiva il Tar, "sono stati esposti per pochi istanti, poi rimossi o consegnati senza opposizione. E quindi tale comportamento manifesta un evidente indice di non violenza e comunque consente di ravvisare quel ravvedimento o recesso attivo che giustifica il favor rei nell’ordinamento penale e la mancanza del presupposto dell’incitamento o dell’inneggiamento alla violenza in quello amministrativo". In più, dettaglio non da poco, il Tar ha rilevato che la foto segnaletica di uno dei tifosi colpiti da Daspo, non figura fra coloro che avevano introdotto il cartello inneggiante alla violenza. In base a questo, non esiste alcun presupposto per l’applicazione del provvedimento.

Si chiude così una pagina controversa degli ultimi mesi, ultimo esempio di come il Daspo (divieto di assistere a manifestazioni sportive) debba essere maneggiato con cura. La flagranza di reato è un conto, la condanna preventiva e senza presupposti concreti (come ribadito dal Tar) è una barbarie giuridica. 

 

scritto da: Andrea Avato, 01/06/2012





Pontevecchio-Arezzo 1-1, le immagini della partita

COMMENTI degli utenti

Commento 1 - Inviato da: BOTOLOFIERO, il 01/06/2012 alle 11:42

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OTTIMA NOTIZIA ORA SPETTIAMO TUTTI GLI ALTRI

Commento 2 - Inviato da: Paul, il 01/06/2012 alle 14:30

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Al Campo Alla Battaglia!

Commento 3 - Inviato da: Toni, il 01/06/2012 alle 14:37

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Ottimo. Ma i mesi di stadio persi come verranno "risarciti" ai 4?

Commento 4 - Inviato da: chiana, il 01/06/2012 alle 15:06

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Mesi di stadio, danni morali, danni materiali... è ora che chi sbaglia paghi!

Commento 5 - Inviato da: DaM, il 01/06/2012 alle 15:21

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I danni morali credo non siano applicabili a norma di legge, la cosa vergognosa é che un provvedimento restrittivo della libertá personale possa essere affibbiato a discrezione del questore senza un regolare processo.

Trattandosi di un provvedimento legale non si puó parlare di danni morali perché questi, da quanto ne so, devono derivare sempre da un comportamento illecito. Il problema é che un provvedimento del genere possa essere considerato legale, quando é evidente che la sua applicazione é lasciata all'arbitrarietá di una figura istuzionale (il Questore) che non é nemmeno espressione del potere giudiziario.