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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

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Poggibonsi4 set15Grosseto
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Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
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La decima finale della storia azzurra, il signore Luis Enrique, aspettando un altro 11 luglio

Roma, Parigi, Roma, Città del Messico, Madrid, Pasadena, Rotterdam, Berlino, Kiev, Londra: quattro titoli mondiali, un titolo continentale, quattro finali perse. Domenica, in una data che rievoca la notte storica dell'urlo di Tardelli, gli azzurri andranno all'assalto dell'Europeo dopo aver battuto la Spagna ai rigori



Roma, Parigi, Roma, Città del Messico, Madrid, Pasadena, Rotterdam, Berlino, Kiev, Londra. L'Italia conquista la decima finale della sua storia e si ritaglia altri giorni di speranza e godimento. Quattro titoli mondiali, un titolo europeo, quattro finali perse: questo il bilancio azzurro con l'ultimo ko datato 2012 proprio contro la Spagna.

A Wembley, domenica, affronteremo una tra Inghilterra e Danimarca. Sarà l'11 luglio, una data che per il nostro calcio è spartiacque e che evoca ricordi potenti, di quelli capaci di segnare una generazione e cambiare il corso della storia: il Bernabeu, l'urlo di Tardelli, l'esultanza di Pertini, Paolo Rossi, le mani di Zoff sulla Coppa del Mondo.

La Nazionale di oggi gioca di squadra, vince con il gruppo e ha dimostrato di saper fare tutto: palleggiare, chiudersi, colpire di rimessa, attaccare con tanti uomini, soffrire. Non ha top player, anche se Donnarumma, Jorginho e Chiesa, proprio in questi Europei, stanno salendo qualche gradino nella classifica dei migliori. E' una selezione in cui il valore assoluto è superiore alla somma dei singoli, roba che succede di rado.

Con la Spagna senza prime punte e con un centrocampo infarcito di qualità, l'Italia ha ballato come mai. Ha corso a vuoto, ha rincorso, si è spompata ma è rimasta sempre attaccata alla partita. Barcollante ma viva. Ha rischiato di perdere, ha rischiato di vincere ben prima dei rigori. E' organizzata, ha coesione, ha anima e il merito di Mancini è soprattutto questo, confortato dai numeri (33 partite senza sconfitte, solo 3 gol al passivo a Euro2020) e dagli abbracci sentiti, partecipati con il suo staff e i suoi calciatori.

Della semifinale di ieri ci portiamo dietro la classe di Olmo e Pedri, le stelle e la polvere di Morata e la signorilità di Luis Enrique, che aveva azzeccato la formazione senza prime punte, che ha messo in mostra una sportività ormai merce rara e che, per quel che la vita gli ha riservato, andrebbe abbracciato a prescindere.

Poi c'è tutto il resto: l'inno di Mameli, il gol funambolico di Chiesa, Chiellini che dà del ''mentiroso'' a Jordi Alba prima dei rigori, il penalty decisivo di Jorginho trasformato con la solita, impressionante freddezza. E' una di quelle partite che ricorderemo dove l'abbiamo vista e con chi.

E domenica sarà ancora più bella. 39 anni dopo il triplice ''campioni del mondo'' di Nando Martellini, si rinnova l'appuntamento con la storia. L'Italia ci arriva carica e in fiducia. Di qui all'11 luglio saranno giorni lunghissimi.

 

scritto da: La Redazione, 07/07/2021





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