SERIE D GIRONE E - 1a giornata
Flaminia | 4 set | 15 | Livorno |
Gavorrano | 4 set | 15 | Tau Altopascio |
Ghiviborgo | 4 set | 15 | Ponsacco |
Orvietana | 4 set | 15 | Arezzo |
Poggibonsi | 4 set | 15 | Grosseto |
Sangiovannese | 4 set | 15 | Ostiamare |
Seravezza | 4 set | 15 | Città di Castello |
Trestina | 4 set | 15 | Pianese |
Terranuova | 4 set | 15 | Montespaccato |
Adrian Ricchiuti, il genio della palla
“La gente sta riscoprendo i trequartisti, chi va allo stadio vuole vedere le giocate divertenti, non undici persone che corrono e basta. L’Arezzo? Ricordo tutto, dal primo gol di Alessandria al giorno in cui Iacobucci mi ha vendutoâ€. Il capitano del Rimini a ruota libera: Maradona, Del Piero, Floro Flores, Acori, Cabrini. Di Piero Mancini dice: “Iacobucci l’ha fregatoâ€
TweetAdrian Ricchiuti è uno dei giocatori più forti che ho visto in azione ad Arezzo. Ricordo come fosse ieri il primo gol in amaranto che segnò ad Alessandria: dribbling in un fazzoletto, portiere a sedere, tocco leggero dentro la porta ormai sguarnita. Passò una settimana e Adrian segnò un’altra volta, stavolta al Comunale contro la sua ex squadra, il Livorno. Segnò e corse sotto la tribuna, piroettando per aria in una specie di danza improvvisata sul momento. Poi si battè la mano sul petto per una decina di volte e fu amore istantaneo. Il pubblico lo elesse a beniamino, lui prese a cuore la causa amaranto e per mano i suoi compagni di squadra, guidandoli a un quarto posto finale che nessuno avrebbe pronosticato per una lunga serie di motivi. Innanzitutto perché l’organico che l’anno prima aveva sfiorato la B, perdendo i play-off con l’Ancona, era stato smantellato: oltre a Cosmi, se ne erano andati Tardioli, Ottolina, Martinetti, Caracciolo, Tarana, Antonioli e Bazzani. Inoltre l’Arezzo era partito malissimo, con un punto conquistato nelle prime cinque giornate e un attacco che ruotava attorno all’argentino Nicolas e a Gasperino Cinelli, due carneadi finiti presto nel dimenticatoio. Infine, dettaglio niente affatto trascurabile, l’ambiente era in subbuglio: il presidente Bovini, contestato a più riprese, lasciò la società a Piero Mancini e uscì di scena tirando un sospirone di sollievo. Per fortuna che a ottobre arrivarono Ricchiuti, Vendrame e Mario Frick e la situazione, come per incanto, migliorò. Grandi meriti li ebbe Antonio Cabrini, allenatore dal passato ingombrante che instaurò un ottimo rapporto col gruppo e disegnò un modulo improbabile che però funzionò alla grande: quattro difensori, un mediano, due esterni offensivi, un trequartista e due punte. “Il mister è stato fondamentale per la mia carriera – ricorda Ricchiuti. Mi fece giocare da mezz’ala pura senza snaturare le mie caratteristiche, tant’è vero che quell’anno segnai 8 gol e presi coscienza di alcune qualità che neanche pensavo di avere”.
E per riconoscenza te ne andasti a Rimini.
“Calma, la verità è un’altra”.
Va beh, dopo ne parliamo. Sei a Rimini da cinque anni, cos’hai trovato qui che ti ha convinto a fermarti?
“Una società forte, ambiziosa e un presidente che ha sempre creduto in me, che mi tratta come se fossi il giocatore più importante della squadra. Con Bellavista c’è un rapporto che va oltre il calcio”.
Fu lui che ti volle a tutti i costi nell’ormai lontano 2002, giusto?
“Bellavista ci mise i soldi per comprarmi e qualcun altro accettò di vendermi. Così andò. Mi vide giocare a Cesena, quando vincemmo 3-1, e da quel giorno diventai un suo pallino”.
Però mi pare di ricordare che con Rimini e il Rimini non trovasti immediatamente il feeling ideale.
“E’ vero, all’inizio fu dura. Passai sei mesi bruttissimi, con i tifosi che mi criticavano e lo stesso presidente che si rimproverava di avermi pagato troppo. Per fortuna a giugno arrivò mister Acori e tutto cambiò”.
Che tipo di problemi trovasti?
“C’era un gruppo che non rideva mai, eravamo tutti tristi. Si andava al campo e non volava una mosca perché l’allenatore voleva così”.
Foscarini sergente di ferro.
“Più o meno. Io scesi in C2 pensando di fare un gran campionato, invece fu un mezzo disastro”.
Si dice che il segreto del Rimini di oggi sia la programmazione, la capacità di rinnovare la squadra poco per volta. Sei d’accordo?
“Il segreto vero è la capacità della società di acquistare giocatori adatti alle necessità del mister, sia dal punto di vista tecnico che caratteriale”.
Di Rimini cos’è che ti piace?
“Ci vivo alla grande, c’è il mare che piace a mia moglie e mia figlia e soprattutto c’è la serie B. Perché dovrei cambiare?”.
A proposito di serie B: come ti sembra?
“Come sempre. Tutti dicono che sia di alto livello, ma non sono d’accordo. A partela Juve, che gioca malino ma ha comunque giocatori fortissimi, non ci sono squadre in grado di ammazzare il campionato. Il Napoli è lassù, però come qualità di gioco non lo meriterebbe. La realtà è che la prima può perdere con l’ultima come accadeva negli anni scorsi”.
Le più forti chi sono?
“La Juve e il Genoa, anche se ora fa fatica. A me piace moltola Triestina, nessuno ne parla e invece può essere la sorpresa”.
Tu sei nato trequartista e sei riuscito a difendere la tua collocazione in campo anche quando quelli come te li mettevano a fare gli esterni o gli attaccanti puri. Oggi la situazione, tatticamente parlando, è migliorata?
“Diciamo che sta migliorando e il merito, più che degli allenatori, è della gente. Chi viene allo stadio vuole vedere il gol, la giocata che fa divertire, non undici persone che corrono e non toccano mai la palla. L’esasperazione del risultato non fa bene al calcio, rischiamo che non piaccia più a nessuno”.
Ci sono trequartisti che stimi in serie B?
“De Zerbi del Napoli, Lodi del Frosinone e Paonessa del Vicenza, che può diventare un giocatore importante. In serie A, a parte i soliti, dico Vannucchi dell’Empoli: ha forza e tecnica”.
Quanto ti pesa il fatto di non essere ancora arrivato in serie A?
“Un po’ mi pesa, non lo nascondo. Forse me lo sarei anche meritato, ma se non è successo evidentemente è colpa mia”.
Serse Cosmi dice sempre che tu sei un giocatore che più sale di categoria e più gioca meglio. Concordi?
“Lo ringrazio, la penso come lui. In B tante squadre mi marcano a uomo, in A magari succederebbe di meno. E poi avere accanto dei compagni di maggiore qualità, che ti mettono la palla dove vuoi, sarebbe di sicuro un aiuto importante”.
Ma la speranza l’hai persa?
“No, il mio sogno è quello e un giorno lo realizzerò”.
Possibile che non c’è mai stata una squadra di A interessata a te?
“Ce ne sono state eccome, anche quest’estate, solo che il presidente non ha voluto sentire ragioni”.
Non ti fa rabbia vedere in A calciatori che tecnicamente valgono la metà di te?
“Mi fanno rabbia quelli che arrivano in serie A senza meritarlo, che magari giocano male un anno intero e però salgono lo stesso di categoria. Allora mi chiedo: ma come funziona? Non è invidia, per carità, io sono contento di me stesso, però il dubbio resta”.
Adrian, hai 28 anni, sei nel pieno della maturità calcistica. Cosa ti aspetti dalla tua professione?
“Altre soddisfazioni. Si può sempre migliorare, anche se in questo momento mi sento al top della maturità”.
In cosa sei diverso da quando giocavi ad Arezzo?
“Ho perso un po’ di capelli… A parte le battute, sono più determinato, più convinto di me stesso e di ciò che posso dare. Inoltre ho la grande motivazione di inseguire la serie A: un giorno quel brivido voglio provarlo”.
Ternana, Carpi, Genoa, Livorno, Pistoiese, Arezzo, Rimini: hai giocato con tante società. Pensi di essere maturato tardi?
“Non è dipeso da me. Purtroppo prima di Rimini non avevo mai trovato l’ambiente ideale per crescere, lo dimostra il fatto che quando venni via da Arezzo fui costretto a scendere in C2”.
Fu anche una tua scelta.
“Io potevo andarmene a giugno, avevo fatto 8 gol in campionato e avevo giocato bene. Squadre che mi volevano ce n’erano in C1 e in B, invece scelsi di restare. A gennaio mi hanno venduto e mi sono ritrovato in C2. Questa è la realtà”.
Avresti potuto rifiutare.
“Seppi tutto a cose fatte, lo dissi a suo tempo e lo ribadisco oggi. Se qualcuno ritiene scomoda la verità, mi dispiace ma non è colpa mia. All’Arezzo ero il capitano e guadagnavo niente rispetto ai nuovi che erano arrivati in estate. Sai quanto chiesi di aumento al signor Iacobucci?”.
Quanto?
“Venti milioni. E lui mi disse di no”.
E ti dette al Rimini.
“Esatto. Aspettò l’ultimo giorno di mercato per non lasciarmi alternative. Ancora mi ricordo: avevamo giocato controla Triestinae avevamo vinto 1-0 innove contro undici. Io ero stato il migliore in campo, mi sentivo un guerriero. Stavamo partendo per Padova quando mi chiamò il procuratore e mi disse: l’Arezzo ti ha venduto. Che dovevo fare? A malincuore presi le mie cose e me ne andai. Poi Iacobucci convocò le televisioni per scaricare tutta la responsabilità su di me. Vi ricordate chi arrivò al mio posto? Amore e Agostini, i giocatori di Iacobucci e del mister Ferrari. Spesero un’enormità rispetto a quanto avevo chiesto io soltanto per incassare un miliardo e passa del mio cartellino”.
Quanto ti hanno ferito i cori e le offese dei tifosi aretini?
“Un bel po’, mi hanno accusato di essere un mercenario quando invece non sono stato io a mollare. L’anno scorso mi hanno insultato di brutto, però sbagliai anch’io a fare quei gesti alla curva amaranto. Non dovevo, lo so, mi lasciai trascinare dalla rabbia, dall’esasperazione”.
A parte la fine, cosa ricordi del tuo rapporto con Arezzo?
“Il primo giorno, la prima partita ad Alessandria, mister Cabrini, la rimonta in campionato, i play-off. Mi ricordo tutto, anche lo stadio che ad ogni partita si riempiva sempre di più. Ad Arezzo ho concepito mia figlia Martina, basterebbe questo per rendere l’idea”.
Certo che Cabrini vi faceva giocare in maniera spregiudicata. C’era solo Campofranco a coprire la difesa.
“E’ vero, infatti Campofranco l’abbiamo fatto smettere dopo quell’anno. Era cotto. Cabrini amalgamò giocatori che venivano da stagioni tribolate con gente esperta come Bacci e Di Sauro o giovanissimi come Concetti e Lizzori”.
Cabrini è importante quanto Acori per te?
“Sì e sai perché? Perché Cabrini era uno di noi, andavamo a fare allenamento col sorriso, ci faceva divertire. In più era appena arrivato Mancini alla presidenza, ogni settimana pagava gli stipendi ai giocatori che erano lì dall’anno prima e questo contribuì a sollevare il morale. Acori invece è l’allenatore che mi ha fatto debuttare a 16 anni, gli devo molto”.
Degli 8 gol che segnasti quell’anno, quale ti è rimasto nel cuore?
“Il secondo di Cesena, quello sotto la curva dove c’erano i tifosi dell’Arezzo. Fu bello e importante”.
Perché perdeste i play-off col Livorno?
“Eravamo morti di testa, non di gambe. Avevamo fatto una rimonta impressionante, dall’ultimo al quarto posto. Ai play-off pagammo e comunque ci eliminò un Livorno forte”.
Curiosità: Iacobucci lo ha mai incontrato dopo l’addio all’Arezzo?
“Per fortuna mai. Mi dispiace pensare a quanto può aver fatto male al presidente Mancini e alla società, Iacobucci faceva i suoi di interessi e basta”.
Con Piero Mancini, invece, hai riparlato.
“Con lui sì, pensa che voleva pure riportarmi ad Arezzo. Il presidente fu fregato da Iacobucci, nessuno me lo toglie dalla testa. Lo sa anche Mancini”.
L’anno scorso Rimini-Arezzo è terminata 2-0 con due gol tuoi. E’ stata la doppietta della rivincita o no?
“Assolutamente no. Perché dovrei prendermi una rivincita sull’Arezzo? Fu la società a mandarmi via, non il contrario”.
Al ritorno non giocasti per squalifica. Una coincidenza o c’è dell’altro?
“Coincidenza e basta. Presi un’ammonizione contro il Crotone dopo neanche un minuto, tra l’altro per un fallo inesistente. Io volevo venire lo stesso ad Arezzo, fu il mister che preferì lasciarmi a casa. Ma guarda che io ho ancora molti amici ad Arezzo, non è che ce l’hanno tutti con me, anzi”.
L’Arezzo di quest’anno come ti sembra?
“Non certo da bassa classifica. La penalizzazione è stata una zavorra pesante, ha influito molto. Salvarsi sarà dura, ma può farcela”.
Chi ti piace dei giocatori?
“Floro Flores. All’inizio non gliene andava bene una, adesso si è sbloccato e credo che tornerà quello dell’anno scorso”.
Ogni volta che ti intervistano, ti chiedono di Maradona. E’ vero che sei nato a Lanus come lui, ma non ti infastidisce questa cosa?
“Ma no, è normale, mi capita fin da piccolo. I primi tempi ci soffrivo perché il pubblicoi si aspettava chissà cosa da me, oggi ormai lo sanno tutti che come Maradona non c’è nessuno”.
Ti manca l’Argentina?
“Mi mancano i miei familiari più che altro. Sono qui da quando avevo 11 anni, ormai mi sento un italiano a tutti gli effetti, anche calcisticamente”.
Per chi tifavi da bambino?
“Per il Lanus, con una certa simpatia per l’Independiente. Il mio idolo era Bochini”.
Il rimpianto più grosso della tua carriera qual è?
“Aver perso il treno quando ero al Genoa, dieci anni fa. Lì mi vogliono ancora bene, anche se mia moglie Rosalba è sampdoriana e in casa è un derby continuo”.
Hai 28 anni e sei sposato da sette. Un classico per i calciatori.
“La vita del calciatore è bella ma piatta, quando torni a casa hai bisogno di una persona vicino a te con cui parlare e che ti dia tranquillità. L’importante è che sia la persona giusta”.
Tornando a Maradona, giocare a Napoli ti ha emozionato?
“Racconto una cosa che sanno in pochi. Dentro il San Paolo c’è una stanza dove il custode ha appeso alle pareti le foto di Diego con i palloni e le maglie autografate da lui. Quel signore ha voluto anche la mia foto e la mia maglia e l’ha messe lì, in mezzo ai ricordi di Maratona. Per me è un onore che non so spiegare”.
Tu l’hai incontrato Diego.
“Quest’estate. Era venuto a Cesenatico alla scuola calcio di Salvatore Bagni. Sono andato a salutarlo e mi sembrava di parlare con uno che conoscevo da anni. Mi disse che aveva sentito parlare di me e che con Bagni era già venuto a vedere una partita del Rimini di nascosto. Grande Diego, ho passato uno dei pomeriggi più belli della mia vita”.
Del tuo gol alla Juve cosa mi dici?
“Una bella soddisfazione, ho segnato un gol per molti versi storico. A Buffon per di più. Per una settimana mi hanno cercato giornalisti da tutta Italia, rilasciavo tre interviste al giorno. Di quella partita ricordo i complimenti che mi fece Del Piero: eravamo al controllo antidoping insieme, a fine gara, e mi disse delle belle cose”.
Chiudiamo con il gioco della torre. Chi butteresti giù tra i presidenti che hai avuto, Mancini o Bellavista?
“Nessuno dei due”.
Allenatori: Cabrini o Acori?
“Nessuno, non posso”.
Direttori sportivi: Tito Corsi o Iacobucci?
“Iacobucci dal centesimo piano”.
scritto da: Andrea Avato, 25/12/2006
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